Uno studio svedese ha cercato una correlazione tra volume di attività e outcome nei casi di riparazione del legamento crociato anteriore. I risultati sono stati pubblicati su Journal of Orthopaedic Surgery and Research.
Le lesioni del legamento crociato anteriore sono frequenti in ambito sportivo, soprattutto nelle attività che prevedono rapidi cambi di direzione, salto e momenti di contatto fisico. Gli atleti che incorrono in questa lesione difficilmente tornato a giocare ai livelli pre-rottura, il tasso d’insuccesso dell’intervento è infatti del 23%. Serve, quindi, un cambio di passo.
Il team svedese si è chiesto quale sia l’importanza del volume di attività nel determinare il successo, o l’insuccesso, di un percorso per trattare la lesione del crociato anteriore. A tal fine, sono stati inclusi nello studio tutti i casi riportati nel Registro ACL di Gothenburg per i quali fosse indicata anche la clinica in cui il caso è stato trattato.
I pazienti inclusi sono stati 1256, 498 con test di forza muscolare per ogni follow-up, e 758 con PROs verificati a ogni follow-up. Per quanto riguarda i volumi di attività, 4 delle cliniche incluse sono ad alta attività, con più di 100 casi trattati l’anno, mentre 111 sono a bassa attività.
Gli autori sono interessati a valutare eventuali differenze tra cliniche ad alto e basso volume di attività per l’incidenza di seconde lesione entro 12 mesi dall’intervento, o di lesioni al ginocchio controlaterale, e il tempo richiesto per tornare ai livelli pre-lesione.
Inoltre, gli autori valutano la forza muscolare della gamba lesa e i PROs. Diversamente da quanto aspettato, lo studio non trova differenza statisticamente significative per nessuno degli aspetti sopra riportati.
I risultati non mostrano differenze tra strutture con volumi di attività diversi
Iniziano con il riportare gli esiti dello studio in merito a una recidiva, o alla rottura del legamento controlaterale, entro 12 mesi dal primo evento: gli autori hanno calcolato un tasso di recidiva dell’1,5% per le cliniche ad alto volume di attività e uno dell’1,6% per quelle a basso volume. A 2 anni dall’intervento le percentuali diventano rispettivamente del 4,4% e del 3,8%.
Per leggere correttamente queste percentuali occorre però tenere presente che il rischio di incorrere in una recidiva aumenta con il ritorno alla pratica sportiva di alto livello. In questa coorte solo il 23-31% dei pazienti torna, entro 1 anno, a una pratica sportiva altamente usurante per il ginocchio.
Lo studio sottolinea poi l’importanza della riabilitazione e del rinforzo muscolare, perché questa può proteggere da future lesioni. In questa coorte di pazienti, chi ha seguito tutti i follow-up per la valutazione della forza muscolare mostra un indice di simmetria a 4 mesi maggiore del 90% per il tendine del ginocchio, e a 1 anno maggiore del 90% anche per i quadricipiti femorali.
Gli autori sottolineano che queste percentuali sono maggiori che in precedenti studi, forse perché il Project ACL prevede di contattare spesso i partecipanti, ricordando follow-up e altri incontri. Ciò potrebbe suggerire l’importanza di una comunicazione chiara e continua con i pazienti trattati nei mesi successivi, per evitare che si disperdano.
Per concludere, almeno da questo studio, più che il volume di attività per trattamento di lesione dell’ACL, sembra che sia l’aderenza al percorso riabilitativo il fattore che può fare la differenza negli esiti finali.
(Studio: Simonsson, R., Högberg, J., Lindskog, J. et al. A comparison between physical therapy clinics with high and low rehabilitation volumes of patients with ACL reconstruction. J Orthop Surg Res 18, 842-2023)