Instabilità di caviglia, la realtà virtuale può aiutare?

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Tra tutte le articolazioni, la caviglia è probabilmente quella a maggior rischio di incorrere in una distorsione. Se non ben curata, la distorsione può facilmente cedere il passo all’instabilità di caviglia, una condizione multifacettata che può, a sua volta, favorire nuove distorsioni, oltre a dare a chi ne soffre un senso di instabilità, appunto, nel cammino.

In molti casi, questa percezione, unita a una lassità meccanica dell’articolazione, incide negativamente sulla qualità di vita, portando a una riduzione delle attività quotidiane. Non ultima, la presenza di instabilità di caviglia favorisce l’insorgenza di artrosi a livello di questa articolazione.

La via elettiva per il trattamento di questa condizione ortopedica è quella conservativa, anche perché l’alternativa chirurgica prevede o un’artroplastica o un’artrodesi, entrambe sconsigliate. La prima dà esiti positivi in pochi casi, associandosi piuttosto a insoddisfazione del paziente e a circa il 42% di revisioni; la seconda riduce la funzionalità articolare, svantaggio non da poco se si pensa che la maggior parte dei pazienti con instabilità di caviglia è ancora giovane e in attività.

Meglio quindi procedere nel rinforzo articolare. Si parla quindi di percorsi di riabilitazione che vadano a sfidare il sistema sensomotorio del paziente rinforzandone la stabilità nel passo: ciò si ottiene per esempio riducendo la base di appoggio durante lo svolgimento degli esercizi, attraverso dei movimenti dinamici e perturbando il baricentro. C’è un ruolo, in questo contesto, della realtà virtuale? Sempre più spesso si parla di questa tecnologia in ambito riabilitativo, perché capace di far immergere il paziente nell’attività, di divertirlo e anche di motivarlo.

Uno studio pilota, condotto su un piccolo gruppo di pazienti con instabilità di caviglia, suggerisce che la realtà virtuale potrebbe essere di aiuto. Più nel dettaglio, gli autori hanno suddiviso i partecipanti in due gruppi: uno ha seguito un training di stabilità con integrazione della realtà virtuale, e l’altro senza, basato su elementi tipici delle attività quotidiane, come stare su una gamba sola, cambiare supporto, trasferire il peso da una gamba all’altra e coordinazione. In entrambi i casi, il percorso è durato quattro settimane.

Gli esercizi svolti dai due gruppi sono stati molto simili, per poter confrontare poi gli esiti. Prima e dopo il training tutti i partecipanti hanno eseguito due test per verificare la stabilità del passo, lo Star Excursion Balance Test (SEBT) e il Cumberland Ankle Instability Tool (CAIT). A questi è stato aggiunto il Physical Activity Enjoyment Scale (PACES-8) per misurare il divertimento provato durante le sessioni. Nessuno dei partecipanti ha avuto eventi avversi durante lo studio, il che conferma la sicurezza dell’approccio.

Gli autori hanno notato miglioramenti più significativi nel SEBT nei pazienti trattati con realtà virtuale, mentre non ci sono differenze negli altri due indici. Dato l’esiguo numero di partecipanti, il metodo deve essere studiato ancora, ma questi risultati lo supportano. Il lavoro, stato condotto dall’Università di Strathclyde di Glasgow (UK) con la collaborazione della Deakin University di Geelong (Australia), è pubblicato su “Medical & Biological Engineering & Computing” in open source.

(Lo studio: Forsyth L, Bonacci J, Childs C. A pilot randomised control trial of the efficacy of stability-based training with visualisation for people with chronic ankle instability. Med Biol Eng Comput. 2022 Mar 5. doi: 10.1007/s11517-022-02533-z. Epub ahead of print. PMID: 35247167)

Stefania Somarè