Artrite settica, artroscopia migliore dell’intervento aperto

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L’artrite settica è una patologia infettiva che si verifica, a seconda delle aree del mondo, in 2-10 casi ogni 100.000 abitanti. In Europa si parla di poco meno di 8 soggetti ogni 100.000. Causata da un’infezione batterica a livello del liquido sinoviale, questa malattia colpisce prevalentemente il ginocchio e l’anca, ma si può manifestare anche a livello delle altre articolazioni, caviglia compresa.
Altro dato interessante, l’artrite settica può colpire a tutte le età, anche se i soggetti più a rischio sono i bambini e gli anziani. Fattore scatenante può essere un’infezione a carico di un altro organo, come l’otite e la tonsillite, che si diffonde attraverso il circolo sanguigno, un taglio a livello dell’articolazione mal disinfettato, punture con oggetti infetti e traumi.

Da un punto di vista microbiologico, l’artrite settica può essere dovuta a Staphylococcus aureus, il più comune, a Streptococcus pyogenes, a Kingella kingae e a Borrelia. Un’articolazione infetti diventa gonfia, calda e rossa. In alcuni casi, si manifestano anche febbre e brividi. Quando si sospetta una artrite settica occorre innanzitutto effettuare gli esami del sangue per contare i globuli bianchi e verificare i valori di VES e Proteina C-reattiva, allestire una cultura del liquido sinoviale per individuare il batterio responsabile e poter quindi avviare la corretta terapia antibiotica, e condurre un esame di imaging.

Il percorso terapeutico prevede quindi il drenaggio dell’articolazione infetta e la somministrazione di antibiotici, prima per via endovenosa o intramuscolare e poi via bocca: si parte con una terapia empirica per poi passare a quella specifica. Le tempistiche dipendono dallo stato del paziente e dall’evoluzione dell’infezione, ma di norma si somministra l’antibiotico per via interna per 6-10 giorni per poi passare alla terapia orale, fino a un totale di 3-4 settimane. Il drenaggio può essere effettuato in artroscopia o artrotomia aperta: un recente studio statunitense ha confrontato le due tecniche per artrite settica di caviglia in termini di necessità di rioperare e di complicazioni a 90 giorni dall’intervento, in termini di infezione al sito chirurgico, riammissione in ospedale, amputazione e problemi alla ferita. 962 i pazienti coinvolti: 168 trattati con artroscopia e 794 con artrotomia aperta.

L’analisi condotta non ha evidenziato differenze significative in termini di tasso di rioperazione; tuttavia, gli autori hanno osservato un tasso decisamente superiore di infezioni al sito operatorio e di riammissione in ospedale per chi viene sottoposto ad artrotomia. Lo studio non si è concentrato sulle differenze tra i pazienti sottoposti ad artrotomia aperta che hanno avuto le complicanze e quelli che non hanno avuto problemi: sarebbe comunque interessante individuarli, perché ciò permetterebbe al clinico di decidere quale sia il trattamento operatorio migliore per il singolo paziente.
Lo studio ha visto collaborare vari istituti: il Dipartimento di Chirurgia Ortopedica della Scuola di Medicina e Scienze della Salute George Washington e della Johns Hopkins University.

(Lo studio: Ramamurti P, Agarwal AR, Gu A, Fassihi SC, Probasco WV, Quan T, Thakkar SC, Chodos MD. Increased Risk of 90-Day Surgical-Site Infection and Hospital Readmission but Not Reoperation After Open Arthrotomy When Compared With Arthroscopy for Septic Ankle Arthritis. Arthroscopy. 2022 Jan 31:S0749-8063(22)00025-1. doi: 10.1016/j.arthro.2022.01.022. Epub ahead of print. PMID: 35093496)

Stefania Somaré