Fratture vertebrali da fragilità ed evidenze per usare tutori

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Negli anziani la fragilità ossea si traduce spesso in fratture delle vertebre toracolombari, trattate nella maggioranza dei casi con corsetti specifici.
Una revisione sistematica della letteratura condotta da ricercatori dell’Università di Lipsia, in Germania, sottolinea però l’assenza di chiare evidenze per suggerire l’uso di un tutore a tutti gli anziani incorsi in questo tipo di frattura.
Dopo un’attenta ricerca e valutazione di lavori già pubblicati, gli autori hanno selezionato tredici studi, di cui sette condotti in Asia e sei in Europa, e otto revisioni.

Concentrandosi sugli studi, solo tre sono multicentrici e solo due hanno un livello di evidenza 1, che indica un lavoro ben disegnato e condotto. Per quanto riguarda gli altri, otto hanno un livello di evidenza due e i restanti un livello quattro.
Inoltre, alcuni dei lavori inclusi sono stati finanziati, in due casi da un’azienda produttrice di tutori. Come spesso accade, le informazioni fornite dai tredici studi sono tra loro disomogenee. Per fare un esempio, alcuni non riportano la durata del sintomo doloroso dei pazienti o la posizione precisa della o delle fratture.

In altri casi, sono i periodi temporali considerati a essere diversi, in alcuni casi giorni, in altri settimane e alle volte addirittura mesi… oppure il periodo di indossamento del tutore, consigliato in alcuni casi per poche ore, in altri per tutto il giorno e a volte solo quando il paziente sta seduto o in piedi.
In sei di questi studi la frattura è stata rilevata solo con la radiografia, mentre cinque hanno combinato radiografia e RM. Solo un lavoro ha utilizzato anche la TC. Anche il tutore prescritto è differente. Tutte queste diversità rendono difficile arrivare a conclusioni chiare.

Il risultato più interessante riguarda però il confronto tra pazienti che hanno utilizzato il tutore e pazienti che non lo hanno fatto: gli autori non trovano evidenti differenze, in termini di riduzione del dolore e uso di oppiacei. Semmai, si vede per tutti i soggetti una riduzione graduale nel tempo, tanto del dolore che dell’uso connesso di antidolorifici.

Venendo alla qualità delle otto revisioni selezionate, l’indice di Oxman and Guyatt ne indica tre come buone, con poche debolezze, tre con un certo numero di debolezze e uno con debolezze gravi. Lo score PRISMA ne classifica sei come di grado basso, una con grado moderato e una sola con grado alto.

La maggioranza di queste revisione, comunque, conclude sottolineando l’inesistenza di ragioni per prescrivere un tutore nelle fratture vertebrali toracolombari degli anziani. Conclusione cui arrivano anche gli autori tedeschi. Se si vuole suggerire un tutore al paziente, meglio optare per uno attivo o, comunque, morbido. Occorre, quindi, valutare il paziente e capire, per esempio, se il tutore possa avere un’azione di rassicurazione psicologica su di lui/lei, o se, al contrario, peggiorerebbe solo il suo stato psicofisico.

Se non si trovano motivazioni altre, rispetto alla riduzione del dolore, per prescrivere il tutore, meglio astenersi al momento, perché comunque questi dispositivi hanno un loro costo, che cade o sul paziente, o sulle casse della Sanità.

(Lo studio: Pieroh P, Spiegl UJA, Völker A, et al. Spinal Orthoses in the Treatment of Osteoporotic Thoracolumbar Vertebral Fractures in the Elderly: A Systematic Review With Quantitative Quality Assessment. Global Spine Journal. 2023;13(1_suppl):59S-72S. Doi:10.1177/21925682221130048)