Negli ultimi decenni il mondo dell’ortopedia ha visto crescere, come conseguenza dell’allungamento della vita media, non solo il numero di protesi d’anca primarie, ma anche quello delle revisioni effettuate per “vecchiaia” della protesi, interventi più delicati e associati a un maggior tasso di complicanze.
Oggi la vita media di una protesi d’anca è di circa 20-25 anni, ma c’è un 10% di impianti che mostra delle usure dopo soli 10 anni, usure non sempre associate a sintomi che rendano necessaria la revisione, ma in alcuni casi sì.
Ridurre l’usura della protesi è uno degli obiettivi cui sta lavorando il mondo della ricerca: una delle possibili risposte risiede nella stampa 3D, capace di realizzare protesi su misura per il paziente, che meglio si adattano alla sua conformazione fisica. Tuttavia, occorre tenere conto delle abitudini del paziente, della sua attività fisica e delle associate sollecitazioni che la protesi subirà nel tempo, così da “rinforzarla” nei punti giusti. E qui entra in gioco l’intelligenza artificiale.
Un recente studio italiano, (Smart Design of Hip Replacement Prostheses Using Additive Manufacturing and Machine Learning Techniques) pubblicato dal Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Messina su Prosthetics, presenta un algoritmo di machine learning capace di progettare una protesi d’anca tenendo conto di una serie di caratteristiche del paziente, compresa l’analisi del suo passo. La funzionalità dell’algoritmo è aumentata dalla sua sinergia con la dinamica multicorpo e con simulazioni FEM.
Il processo messo in campo
Il complesso processo di definizione dell’algoritmo di progettazione della protesi d’anca è ben spiegato nel paper, pubblicato in open access. Qui ci concentriamo nel descrivere alcuni dei passaggi effettuati, partendo dall’analisi del passo, necessaria per poter calcolare le precise dinamiche dell’anca del soggetto e, quindi, i carichi e le sollecitazioni cui va incontro la protesi stessa.
Per questo studio ci si è basati su un singolo soggetto, sano. Gli autori hanno utilizzato la dinamica multicorpo, tecnica già applicata alla medicina sportiva, per esempio, perché considera non solo la dinamica dell’arto inferiore durante il passo, ma tutto il corpo, compresi nello specifico il tronco e gli arti superiori.
Grazie a questa tecnica, gli autori possono ottenere un manichino virtuale che ben rappresenta le dimensioni antropometriche del soggetto di partenza, utilizzato per stabilire le variabili del passo da tenere in considerazione nei passaggi successivi. Più nel dettaglio, basandosi su 9 cicli del passo, è stato possibile calcolare le forze di reazione dell’articolazione sferica dell’anca.
A questo punto si è passati all’ottimizzazione della protesi. Tre le variabili prese in considerazione: spessore, lunghezza e lunghezza del collo della protesi. La simulazione FEM è stata utilizzata in questa fase di ottimizzazione per valutare gli effetti dei carichi dati dal movimento sulla protesi. Una volta integrati i risultati, si è proceduto con la progettazione della nuova protesi. Il materiale scelto è acciaio inossidabile.
Il confronto tra la protesi ottimizzata e quella di partenza
Dal momento che il nuovo metodo punta a realizzare protesi che non si danneggiano con il tempo, per verificarne l’efficacia è utile confrontare il danno medio a 10 e 20 anni, rispettivamente pari per una protesi tradizionalmente prodotta al 43% e all’85%, mentre risulta nullo per quella progettata su misura. Sebbene si tratti di risultati ottenuti con simulazioni e non basati su pazienti reali, comunque queste differenze supportano l’idea di progettare le protesi di anca sulla base delle caratteristiche antropometriche del paziente e della sua propria dinamica del passo.
Studio: Milone, D.; D’Andrea, D.; Santonocito, D. Smart Design of Hip Replacement Prostheses Using Additive Manufacturing and Machine Learning Techniques. Prosthesis 2024, 6, 24-40.