Il dolore lombare cronico è tra le prime cause di assenteismo dal posto di lavoro, con ingenti ricadute economiche a livello non solo sanitario ma anche sociale.

Riconosciuta all’unanimità una patologia biopsicosociale, questo disturbo può facilmente non avere più una causa fisica acuta, fondandosi su alterazioni della via sensoriale del dolore, con interferenze di carattere emotivo e psicologico. Da un certo punto di vista, in molti casi questo tipo di dolore cronicizza per mettere in sicurezza il soggetto da qualcosa: il punto è capire cosa e lavorarci.

Oggi la ricerca sul dolore è tra le più importanti, perché quanto detto per il mal di schiena lombare cronico vale anche per altre forme di dolore cronico, tutte altamente disabilitanti. Se non si guarda al dolore a 360° e non si trovano vie per aggirare e “risistemare” quanto si è alterato, può succedere che anche il miglior percorso riabilitativo non ottenga gli esiti sperati.

Proprio sugli insuccessi riabilitativi in questo ambito si basa uno studio cinese che ha coinvolto più di un ospedale. Uno studio che va a rianalizzare gli esiti di un precedente studio randomizzato, cercando in particolare una relazione tra caratteristiche del paziente e insuccesso terapeutico.

Prima di proseguire, per “insuccesso” si intende un miglioramento del sintomo doloroso durante la fase attiva della riabilitazione, con una tendenza al peggioramento nei mesi successivi, per tornare quasi al punto di partenza a 12 mesi.

I metodi riabilitativi utilizzati

Lo studio originale vede la partecipazione di 113 pazienti con dolore cronico lombare, che hanno seguito un iter riabilitativo di 12 settimane con 2 sessioni da un’ora la settimana, e un follow up nei 9 mesi successivi.

I pazienti sono stati divisi in 2 gruppi, ognuno trattato con una differente modalità: riabilitazione in acqua, composta da 10 minuti di riscaldamento attivo, 40 minuti di esercizio in acqua e 10 minuti finali di rilassamento; terapie fisiche, composte da 30 minuti di stimolazione dei nervi per via transcutanea e 30 di terapia agli infrarossi.

In questo secondo studio gli autori prendono in considerazione solo i soggetti che sono arrivati alla fine dei 12 mesi totali di studio, ovvero 98, dividendoli in 2 gruppi rispetto al raggiungimento o meno del successo terapeutico: il primo gruppo include 50 pazienti e il secondo 48.

Il lavoro è stato, quindi, prevalentemente di natura statistica, alla ricerca di correlazioni tra il “successo” o “l’insuccesso” è caratteristiche pre-terapia dei pazienti o della storia clinica.

L’età è il fattore di rischio più importante

Le analisi effettuate dal team di ricerca individuano un fattore imporante: l’età. Al suo crescere, il rischio di insuccesso terapeutico aumenta. Come conseguenza, gli anziani sono i pazienti a maggior rischio di giovare solo per breve tempo del sollievo dato dal percorso riabilitativo.

Lo studio evidenzia però anche un altro aspetto importante, ovvero, la superiorità negli anziani della riabilitazione in acqua rispetto all’applicazione di terapie fisiche. Queste ultime, infatti, hanno un’efficacia che diminuisce al crescere dell’età.

Lo studio suggerisce, quindi, che le terapie fisiche possono essere utili nei soggetti più giovani e negli adulti, mentre negli anziani occorre mettere in atto percorsi terapeutici che facciano muovere il corpo. Un’indicazione non da poco, dato che il dolore cronico lombare colpisce tutte le fasce di età, ma certamente anche e soprattutto gli anziani. 

Studio: Zhang yh, peng Ms, Wang r, Wang yZ, chen cc, Wang J, et al. Demographic and clinical characteristics associated with failure of physical therapy in chronic low back pain: a secondary analysis from a randomized controlled trial. Eur J Phys Rehabil Med 2024 Mar 29.

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