La sindrome del tunnel carpale è la più frequente e anche conosciuta neuropatia: nella popolazione generale ha una prevalenza del 3-5%, mentre nella sola popolazione attiva il valore arriva all’8%. Generalmente è più frequente nelle donne.

Ai suoi esordi la sindrome causa dolore, formicolio e irrigidimento delle dita della mano solo nelle ore notturne, lasciando un fastidio al risveglio che pian piano cala nell’arco della giornata. Se non si interviene subito con i dovuti esercizi riabilitativi, la sindrome peggiora, colpendo anche nelle ore diurne. Ne deriva una certa disabilità.

Inoltre, in oltre il 60% dei soggetti la sindrome tende a presentarsi a entrambi gli arti, anche se magari con esordi differenti nel tempo. Come già accennato, a meno di situazioni altamente compromesse che richiedono subito l’intervento chirurgico, oggi si tende a trattare questa sindrome in primis con un approccio conservativo che prevede esercizi riabilitativi atti a favorire lo scivolamento dei tendini all’interno del canale carpale.

Definiti in inglese esercizi di “gliding”, questi possono essere svolti a domicilio, dopo adeguata formazione da parte di un fisioterapista esperto. Oggi ai protocolli riabilitativi tradizionali si possono affiancare, o quantomeno si possono studiare, anche protocolli più innovativi che sfruttano le nuove tecnologie, come per esempio la realtà virtuale. Proprio quello che fa un recente studio, pubblicato su European Journal of physical and rehabilitation Medicine.

Il confronto tra approcci diversi: realtà virtuale vs tradizionale

Un team della Facoltà di Medicina dell’Università di Instambul ha coinvolto 33 pazienti in questo studio prospettivo randomizzato in doppio cieco, per un totale di 54 mani.

I partecipanti sono stati suddivisi in 3 gruppi: di studio, con riabilitazione in realtà virtuale (11); di confronto, con finta riabilitazione in realtà virtuale (9); di controllo, con riabilitazione tradizionale (11).

I primi due gruppi hanno utilizzato un apposito dispositivo per la realtà virtuale, il Leap Motion Controller (LMC), un localizzatore ottico manuale connesso a un computer. Grazie a questo sistema i pazienti possono vedere sulla parte sinistra dello schermo i movimenti in tempo reale effettuati con la mano in terapia, mentre in quella destra i movimenti che andrebbero svolti.

Nel caso del gruppo di confronto, questo secondo schermo è spento. I primi due gruppi hanno svolto 2 sessioni la settimana da una 30ina di minuti per 8 settimane di fila, seguiti da un terapista esperto. Due le tipologie di esercizi svolti: esercizi di scivolamento dei nervi ed esercizi di scivolamento dei tendini.

Il gruppo di controllo ha, invece, ricevuto un volantino con spiegazione degli esercizi da svolgere a casa, in autonomia, per 8 settimane. Finito il periodo, tutti i partecipanti sono stati invitati a eseguire gli stessi esercizi almeno una volta al giorno per le 16 settimane successive. Alla fine si sono fatti i confronti.

La realtà virtuale sembra superiore agli altri metodi

Gli autori hanno effettuato confronti sia all’interno dei singoli gruppi che tra i diversi gruppi. Il primo aspetto da sottolineare è che, dal punto di vista elettrofisiologico, il percorso riabilitativo non ha prodotto differenze significative tra i diversi partecipanti. Tuttavia, si sono osservati cambiamenti nella sintomatologia.

Per esempio, i soggetti che hanno seguito il percorso completo in realtà virtuale hanno visto un netto miglioramento nella sintomatologia notturna, fastidiosa perché interrompe il riposo, con ripercussioni su più ambiti della vita. In questo, la realtà virtuale è risultata superiore a entrambi gli altri metodi.

Invece, se si considera il dolore, in una scala numerica, e il Boston carpal tunnel Questionnaire, i risultati migliori li hanno avuti sia i pazienti trattati in realtà virtuale vera che fittizia. Dallo studio emerge che i metodi tradizionali possono essere migliorati.

In effetti, i pazienti del primi gruppo vengono supportati nell’esecuzione di esercizi corretti dal dispositivo usato, mentre sia loro che quelli del secondo gruppo sono almeno stimolati a eseguire il percorso riabilitativo, dovendosi recare in ambulatorio. Di contro, quelli trattati per via tradizionale sono quasi abbandonati a se stessi, il che può anche interferire sull’aderenza terapeutica. Sarebbe utile verificare questi esiti su un campione più ampio e anche afferente a più centri terapeutici.

Studio: Arman s, Menekseoglu aK, sezgin b, ozgur b, capan N, oral a. the effects of virtual reality-mediated tendon and nerve gliding exercises in the conservative management of carpal tunnel syndrome: a double-blind randomized placebo controlled trial. Eur J phys rehabil Med 2024 Mar 29.

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