La scoliosi idiopatica e i suoi falsi miti

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La scoliosi idiopatica e i suoi falsi mitiDi natura probabilmente genetica, la scoliosi idiopatica può esprimersi nelle diverse fasi dell’età evolutiva. L’approccio conservativo attraverso l’uso di ortesi ad hoc è il trattamento più ricorrente. Alcuni falsi miti però vanno sfatati.

Deviazione permanente rotatoria della colonna vertebrale, la scoliosi idiopatica ha cause verosimilmente genetiche. Questa patologia, che può svilupparsi già in età neonatale, può avere una evolutività più o meno importante.
L’indicazione conservativa è quella normalmente seguita con l’applicazione di un’ortesi idonea, ma in caso di scoliosi importanti il trattamento chirurgico è la via da seguire. Lucio Palmiero, responsabile di Modulo Scoliosi e Patologia Vertebrale della Fondazione Don Carlo Gnocchi Irccs di Milano, si occupa da molti anni di questa patologia.
«Distinguiamo anzitutto l’atteggiamento scoliotico dalla scoliosi vera e propria», esordisce Palmiero.

«La scoliosi idiopatica (l’aggettivo idiopatica definisce una malattia non dovuta a cause esterne note ovvero senza causa apparente o primitiva) ha per l’80% cause genetiche; cause che sono insite in un difetto del controllo assiale della colonna, al quale si associano fattori di tipo connettivale.
La colonna nasce come un pezzo unico che poi si segmenta; può esserci quindi un errore di segmentazione, un “difetto di fabbrica”, si può costituire un emispondilo, una mezza vertebra, che crea una curva anomala.

In altri casi il difetto può essere di segmentazione, più vertebre restano unite, le cosiddette vertebre a barra, le quali possono causare una deviazione laterale della colonna. Il problema è quindi strutturale e questa è l’importante differenza rispetto a quello che è un atteggiamento scoliotico, il cosiddetto paramorfismo, dovuto a una postura non corretta dell’individuo legata più alla sfera psicologica e dell’emotività».

L’influenza di una postura scorretta

L’atteggiamento posturale scorretto può evolversi in una scoliosi? «Se ne parla spesso», spiega Lucio Pamiero, «ma è una delle molte “leggende metropolitane”, così come lo è la polemica sugli zainetti scolastici che sarebbero forieri di questa patologia.

La scoliosi, come detto, è un problema strutturale congenito che porta a un’anomalia nelle curve fisiologiche del rachide.
In tema di leggende metropolitane, un altro mito che vorrei sfatare è quello secondo il quale il nuoto previene la scoliosi: il famoso nuotatore Mark Spitz, vincitore di sette medaglie d’oro ai giochi olimpici di Monaco, è un soggetto cifotico».

Più colpito il sesso femminile

Secondo alcuni autori, la scoliosi idiopatica predilige il sesso femminile, in rapporto sei a uno. Le cosiddette forme “cattive”, quelle che hanno in sé le caratteristiche intrinseche dell’evolutività, colpiscono da due a sei persone su mille, mentre risultano più frequenti le forme meno aggressive.

«Il contrario succede per le patologie del piano sagittale cioè i dorsi curvi», aggiunge Palmiero, «dove soprattutto la forma osteocondrosica affligge maggiormente la popolazione di sesso maschile in un rapporto di tre a uno. La scoliosi idiopatica può comparire già in tenera età; esistono anche le scoliosi del lattante. Distinguiamo accademicamente scoliosi della prima infanzia, adolescenziale, post adolescenziale.

Trattandosi di una malattia che può avere stigmate evolutive, la sua precoce manifestazione può determinare peggioramenti più significativi del quadro clinico. Infatti, la scoliosi idiopatica peggiora nel corso della crescita».

Volendo identificare la fase più critica per l’evoluzione di questa patologia, Lucio Palmiero spiega che «laddove è evolutiva, la scoliosi idiopatica tende a manifestarsi l’anno prima del menarca, il momento della prima mestruazione: in questa fase la crescita corporea avviene più rapidamente».

Il ruolo della prevenzione

Il semplice “one minute test”, utilizzato nei programmi di screening americani, era assolutamente efficace nel distinguere nei bambini una scoliosi vera da un atteggiamento posturale.

«Oggi i pediatri», aggiunge Palmiero, «attraverso le “età filtro” e il cosiddetto forward bending test o test di Adams, la flessione in avanti del tronco, sono in grado di rilevare le asimmetrie e il cosiddetto gibbo, che è un importante indicatore della gravità della curva e un considerevole discriminante sulla necessità di rimandare o meno il paziente a una visita di secondo livello per ulteriori accertamenti.

In presenza di scoliosi è fondamentale rivolgersi a un centro specializzato. Così diceva il mio maestro, il dottor Paolo Sibilla: “La scoliosi è una malattia che deve essere conosciuta da molti è curata da pochi”».

Gli accertamenti ulteriori possono prevedere l’esame radiografico, una teleradiografia del rachide in toto possibilmente su pellicola, al fine di rilevare l’angolo della curva scoliotica. «Un esame che di solito si effettua soltanto quando l’asimmetria, il gibbo, supera i 5 mm, al fine di non esporre il giovane paziente a inutile radiazioni nocive», precisa Lucio Palmiero.
Per i casi nei quali questa soglia non viene superata il trattamento si limita al controllo periodico del paziente, soprattutto quando esiste una familiarità positiva per la patologia. In questo caso sono opportuni controlli a sei mesi per verificare se il trend è in peggioramento o meno.

Quando ricorrere al corsetto e quale tipo scegliere?

Una volta riscontrata una scoliosi vera, strutturale quantificata e misurata con il metodo di Cobb, quando la gibbosità è incipiente e verosimilmente ingravescente, ci si orienta verso l’applicazione di un corsetto ortopedico.
«La tipologia del corsetto varierà in relazione alla gravità della curva, la localizzazione e l’età scheletrica del paziente determinabile attraverso radiografia», precisa Palmiero.

Ogni forma di scoliosi ha il suo corsetto.
Il corsetto Milwaukee ha indicazioni particolari: per le sue caratteristiche severe si tende a non utilizzarlo a meno di curve molto alte non dominabili da altri corsetti.
Il Milwaukee ha la sua massima efficacia se la curva è entro D5. Il corsetto Lionese – ortesi che prende il nome dalla città di Lione in cui è stato ideato dal medico francese Pierre Stagnara – è un corsetto molto impegnativo che trova indicazione in curve dorsali piuttosto strutturate. I corsetti Cheneau e Lapadula, infine, vengono utilizzati per le curve dorso-lombari o dorsali.

Nel periodo evolutivo il paziente deve essere particolarmente monitorato: fondamentale sarà verificare l’efficacia dell’ortesi e la sua congruità.
Il corsetto va gradualmente sostituito e modificato laddove è possibile farlo. Anche la posologia è importante e le indicazioni cambiano in relazione alla gravità della curva. Il corsetto può richiedere il tempo pieno, soprattutto nella fase puberale, poi con la maggiore stabilizzazione della curva si possono ridurre i tempi di indosso. La dismissione e la fine della terapia avverranno solo a maturazione scheletrica avanzata».

La ginnastica “correttiva”

Cosa dire della ginnastica “correttiva” durante la terapia? Ha una utilità? Secondo Lucio Palmiero «non ci sono evidenze scientifiche che la ginnastica cosiddetta “correttiva” impedisca un’evoluzione della scoliosi. La ginnastica serve fondamentalmente per lenire gli effetti collaterali dell’immobilità, svolgendo un ruolo complementare all’ortesi. Il soggetto con scoliosi deve muoversi più degli altri e senza alcuna limitazione di sorta».

La via chirurgica

Se negli Stati Uniti domina l’interventismo, in Italia l’approccio chirurgico è rivolto ai casi più gravi, quando la curva supera i 50 gradi, quando la scoliosi ha serie implicazioni di tipo biomeccanico sul rachide.
Ci sono poi scoliosi secondarie, in antitesi con la scoliosi idiopatica, dove la patologia è mal dominabile con interventi conservativi ed è fatalmente evolutiva.
L’indicazione anche in questo caso è chirurgica.
È doveroso infine sottolineare come il percorso conservativo sia lungo e impegnativo; laddove le condizioni lo suggeriscano, in caso di curve importanti, si può interpellare la volontà del paziente per verificare se sia più disposto a una soluzione chirurgica con un quadro risolutivo relativamente breve o la via conservativa.

La terapia con corsetto è risolutiva?

Nell’80% dei casi il corsetto è risolutivo, anche se è doveroso chiarire che cosa si intende per risolutivo. La scoliosi rimane, perché è una malattia rotatoria permanente. Il successo della terapia sta nel riuscire a rallentare o bloccare la sua evoluzione. Oltre all’azione terapeutica, non va comunque dimenticato l’effetto cosmetico dell’ortesi, la quale contribuisce a ripristinare le simmetrie del tronco assicurando la migliore vestibilità.

Elisa Papa