Fratture acetabolari e infezioni postoperatorie

681
(immagine di repertorio)

Sotto i 50 anni d’età le fratture acetabolari sono poco comuni, l’incidenza è di 3 casi ogni 100.000 soggetti l’anno e per lo più sono causate da incidenti stradali con impatti ad alta energia.
Differente è la questione negli anziani, tra i quali si assiste a un aumento di casi di rottura dell’acetabolo e ciò in larga parte è dovuto alla presenza di osteoporosi, che rende le ossa fragili e passabili di fratture anche a seguito di cadute di lieve entità.

La maggioranza di questi soggetti è sottoposta a protesizzazione dell’anca, ma è possibile anche tentare di ridurre la frattura con una fissazione interna.
Quest’ultima soluzione può essere più adeguata per i soggetti giovani. Tuttavia, c’è evidenza che il tasso di complicazioni associato ad artroplastica totale di anca (THA, total hip arthroplasty) cresce in individui sottoposti a precedente riduzione della fratture acetabolari con fissazione interna.

Ecco allora che un team tedesco ha deciso di valutare il rischio di infezione precoce periprotesica in questa classe di pazienti e anche la possibilità di utilizzare i valori di proteina C-reattiva (PCR) come indicatori di un’infezione periprotesica in atto.

I 67 pazienti arruolati nello studio, tutti sottoposti a THA tra 2014 e 2019, erano 51 uomini e 16 donne con età media 54.7 ± 14.0 anni.
A seconda del percorso terapeutico ricevuto, i pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi: non trattati chirurgicamente (gruppo 1), rimozione totale dell’osteosintesi (gruppo 2), rimozione parziale dell’osteosintesi (gruppo 3), osteosintesi lasciata (gruppo 4).
Gli autori hanno controllato i valori preoperatori di PCR per verificare che fossero normali.

Lo studio ha permesso anzitutto di verificare che il saggio della PCR non è utile per discriminare i pazienti con infezione periprotesica, pertanto occorre individuare un altro marker.
Non solo, gli autori hanno anche trovato una correlazione positiva tra un alto tasso di infezioni dell’impianto e la presenza di osteosintesi totale o parziale, per rimozione parziale della stessa. Ciò può in qualche modo indicare la via più efficace a chi si trova a dover effettuare un impianto di protesi d’anca a pazienti già trattati per frattura acetabolare.

Gli autori concludono sottolineando la possibilità di cercare un algoritmo diagnostico che faciliti la diagnosi precoce di infezioni occulte, per valutare alcuni parametri come presenza di microrganismi, PCR sinoviale, livelli di alfa-difensina e numero di globuli bianchi.

Inoltre, sarebbe utile produrre, durante l’intervento, campioni di tessuto da analizzare al momento e gli esiti della sonicazione.

Lo studio è stato condotto da due università tedesche, la Berufsgenossenschaftliche Unfallklinik Tübingen e la Ludwig-Maximilians-Universität München, e da un centro ospedaliero-universitario, il Charite University Hospital Berlin.

(Lo studio: Schmidutz F, Schreiner AJ, Ahrend MD, Stöckle U, Maier S, Histing T, Hemmann P. Risk of Periprosthetic Joint Infection after Posttraumatic Hip Arthroplasty following Acetabular Fractures. Z Orthop Unfall. 2022 May 23. English. doi: 10.1055/a-1810-7379. Epub ahead of print. PMID: 35605966)

Stefania Somaré