Frattura vertebrale da fragilità, gestione da migliorare

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La frattura vertebrale da fragilità è molto più comune di quanto si pensi, è associata all’osteoporosi e quindi è più frequente nella popolazione anziana.

Diversamente da altre fratture da fragilità, come per esempio quella del femore, in molti casi quella vertebrale non viene diagnosticata, tanto da far pensare che l’incidenza sia una decina di volte superiore rispetto ai numeri registrati ogni anno nei nostri Pronto Soccorso.

Nella maggior parte dei casi, queste fratture vengono trattate in modo conservativo e non richiedono ospedalizzazione, che si rende invece necessaria in altri casi.

Uno studio del Dipartimento di Geriatria del Nottingham University Hospital NHS Trust (UK) si è concentrato proprio su questa ultima fetta di popolazione: si tratta spesso di pazienti con multimorbidità, disordini cognitivi e afflitti da un dolore molto intenso (Ong T, Sahota O. The management of patients admitted to hospital with vertebral fragility fractures: experience from a UK university hospital. Injury. 2021 Jul 2:S0020-1383(21)00591-X. doi: 10.1016/j.injury.2021.06.028. Epub ahead of print. PMID: 34247765).

Gli autori dello studio, svoltosi nel Nottingham University Hospital, si sono chiesti se il trattamento ricevuto da questi pazienti sia adeguato o se ci siano criticità da risolvere.
Il 69% dei 90 pazienti coinvolti è giunto in ospedale a 24 ore dall’esordio di un mal di schiena acuto ed estremamente doloroso.

L’esame più utilizzato per diagnosticare le fratture è quello radiologico. Il dolore è una delle caratteristiche tipiche di queste fratture, eppure solo un terzo dei pazienti ha ricevuto un’adeguata terapia a base di oppiacei, con una dose morfina equivalente di 10-20 mg al giorno per i primi tre giorni di ricovero.

Inoltre, solo il 56% di questi soggetti ha ricevuto indicazioni per una terapia per migliorare la salute delle ossa.
Da chi sono stati seguiti questi pazienti in ospedale? Lo studio risponde a questa domanda rivelando una certa variabilità, in parte legata alle caratteristiche del soggetto: il 46% è stato seguito in Geriatria, il 39% in Medicina Generale e in Chirurgia Spinale il 14% (di cui il 9% è stato sottoposto a chirurgia).

In generale, i pazienti ricoverati nei reparti medici erano più anziani, con maggiori problemi cognitivi e di mobilità e dipendenti nella vita di tutti i giorni.
Il 31% di questi pazienti ha sviluppato complicanze mediche durante la permanenza in ospedale, per lo più patologie infettive.

La situazione descritta evidenzia una mancanza di protocolli specifici per questi pazienti, tanto che gli autori chiedono la definizione di standard di qualità per le cure e una riorganizzazione dell’assistenza, così da migliorarla come è già avvenuto per le fratture di femore.

Per concludere, si ricorda che anche le lesioni vertebrali da osteoporosi, , come quelle di femore, se non ben trattate aumentano il rischio di mortalità perché spesso spezzano un equilibrio peraltro già precario.

Stefania Somaré