Un network italiano per le fragilità

Le stime dicono che nei prossimi 20-30 anni ci sarà un raddoppio delle fratture da fragilità nei Paesi sviluppati, mentre nei Paesi in via di sviluppo si prevedono aumenti maggiori.
Il professor Paolo Falaschi, geriatra e past president del Fragility Fracture Network (FFN), spiega che «questa differenza è legata per lo più a una maggiore attenzione che nei Paesi occidentali si ha nei confronti dell’osteoporosi e degli stili di vita, fattori che permettono di avere un picco di massa ossea ai 30 anni più significativo, condizione che protegge da future fragilità».

Un altro passo importante è creare un percorso multidisciplinare in cui collaborano varie figure mediche e non solo. Di questo tema si occupa da anni Fragility Fracture Network (FFN), un’organizzazione internazionale che raccoglie circa ottocento soci dai cinque continenti con l’obiettivo di prevenire le fratture da fragilità e ottimizzare la gestione di quelle che si verificano.
La frattura più importante quanto a incidenza e costi clinici, sociali ed economici è quella del femore.
Di recente FFN ha pubblicato sulla rivista Injury la sua call for action basata su quattro pilastri (K.E. Dreinhöfer, P.J. Mitchell, T. Bégué, C. Cooper, M.L. Costa, P. Falaschi, K. Hertz, D. Marsh, S. Maggi, A. Nana, H. Palm, R. Speerin, J. Magaziner. A global call to action to improve the care of people with fragility fractures. Injury, Int. J. Care Injured 49 (2018) 1393-1397).

La call to action del FFN

«Il documento», racconta Falaschi, «è scaturito da una tavola rotonda che ha coinvolto sei società internazionali di geriatria, ortopedia, osteoporosi e nursing. L’obiettivo era produrre sensibilizzare la classe medica da un lato e cittadini e pazienti dall’altro su alcuni aspetti di loro responsabilità e coloro che prendono le decisioni di politica sanitaria, per ottimizzare i percorsi terapeutici per questi soggetti.

Paolo Falaschi

Il documento è stato sottoposto a tutte le principali organizzazioni internazionali che si occupano di fratture da fragilità, ottenendo l’approvazione di 81 di queste. Si tratta di un supporto senza precedenti in questo campo. Il testo mette in evidenza l’importanza di potenziare 4 pilastri che, insieme, possono minimizzare l’impatto delle fratture da fragilità sui pazienti e sui conti delle sanità mondiali».

È stato calcolato che la spesa per gestire 90.000 fratture di femore è pari a 1 miliardo e 100 milioni di euro, tra costi diretti e indiretti. Praticamente la stessa cifra che si spende per l’infarto del miocardio. C’è però una differenza: la spesa farmaceutica per i problemi cardiovascolari è il 40% della spesa farmaceutica, mentre per le fratture da fragilità si spende solo il 4%.

«Occorre investire di più in queste problematiche per limitare i costi clinici derivanti da una rifratturazione, ma anche dagli assegni di invalidità che spettano a chi, dopo una frattura del femore, non riesce a recuperare autonomia. E questi sono solo degli esempi», sottolinea Falaschi.

Per incidere sulle politiche delle varie aree del mondo il FFN ha deciso di attivare delle sezioni nazionali. È nata così FNN Italia, presieduta dal prof. Luca Pietrogrande dell’Università di Milano, direttore della UO di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale San Paolo – ASST Santi Paolo e Carlo di Milano.

Luca Pietrogrande

Il board della neonata FFN Italia costitutivo è multidisciplinare e si compone di: 4 ortopedici, 4 geriatri, 2 anestesisti, 2 fisiatri, 1 medico esperto di osteoporosi, 1 psicologo e 2 infermieri.

La parola chiave per cambiare approccio al paziente in acuto e migliorarne il trattamento è “multidisciplinarietà”: solo una gestione multidisciplinare e multiprofessionale del paziente anziano fratturato può portare a buoni outcome. (articolo completo nel numero di febbraio 2019 di Ortopedici&Sanitari)