Treadmill in acqua: alcune precisazioni

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La riabilitazione degli arti inferiori sfrutta, negli ultimi anni, anche lo strumento del treadmill posizionato in acqua, con esiti interessanti.

Un team di ricerca dell’Università della California (Northridge) ha studiato l’uso di questo strumento per il recupero motorio di pazienti con lesioni cerebrali facendolo utilizzare da tredici pazienti a tre diverse profondità, per fare arrivare l’acqua al collo, al petto e alla vita (Narasaki‐Jara, M, Wagatsuma, M, Holt, JL, Acuña, SM, Vrongistinos, K, Jung, T. Aquatic treadmill walking at three depths of water in people with traumatic brain injury. Physiother Res Int. 2019;e1817).

Ogni paziente ha eseguito tre camminate in acqua, una per profondità, mentre i ricercatori ne misuravano il passo.
I risultati hanno evidenziato differenze notevoli nella cinematica delle articolazioni e nelle variabili spazio-temporali nelle tre condizioni date: gli aspetti più toccati sono stati il picco di flessione dell’anca, il range of motion del ginocchio e il picco di dorso-flessione della caviglia.

Lo studio ha portato i ricercatori a individuare nell’acqua che arriva alla vita (al massimo fino al petto) la condizione migliore per permettere a pazienti con disabilità motorie acquisite di beneficiare di questo tipo di riabilitazione.
Il numero dei soggetti coinvolti è molto basso e sarebbero necessarie conferme da parte di uno studio più ampio.

Stefania Somaré