Screening della carenza di vitamina D: uno studio

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Si discute molto del ruolo dell’integrazione della vitamina D nella salute delle ossa e non solo.
Uno studio statunitense (Vitamin D for skeletal and non-skeletal health: What we should know. Charoenngam, Nipith et al. Journal of Clinical Orthopaedics & Trauma, Volume 10, Issue 6, 1082-1093) ha sottolineato alcuni aspetti da tenere in considerazione quando si ha a che fare con una potenziale carenza di questa vitamina, che ha bisogno della luce solare per essere fissata e della quale esistono due forme differenti: la D3, sintetizzata dalla cute e naturalmente presente dell’olio di fegato di merluzzo, e la D2, sintetizzata a partire dall’ergosterolo e presente in lieviti e funghi.

La vitamina D, a sua volta, viene trasformata in 25(OH)D dal fegato, per poi essere ulteriormente convertita nella forma attiva, 1,25(OH)2D, a livello dei reni.

Quando si valutano i livelli di vitamina D in un soggetto, si ricerca la forma inattiva, la 25(OH)D, e si misurano i suoi livelli nel siero: se questi sono inferiori a 20 ng/mL si può parlare di carenza e se sono compresi tra 21 e 29 ng/mL si parla di insufficienza.

Valori tra 30 e 100  ng/mL sono invece nella norma (i range riportati sono quelli forniti dalle Endocrine Society’s Clinical Practice Guideline).

La carenza di vitamina D è la causa piĂą comune di rachitismo e osteomalacia e può esacerbare l’osteoporosi.
Inoltre, può essere associata a dolore muscolo-scheletrico cronico, debolezza muscolare e aumentato rischio di caduta.
Molti studi osservazionali hanno riscontrato l’associazione tra alti livelli di 25(OH)D nel range 40-60  ng/mL e riduzione della mortalitĂ  e del rischio di sviluppare alcune patologie croniche.

Lo studio conclude che i pazienti con carenza di vitamina D andrebbero trattati con vitamina D2 o vitamina D3 per raggiungere un livello di 25(OH)D ottimale.

Uno screening della carenza di vitamina D attraverso la misurazione di 25(OH)D è suggerito in individui a rischio, come soggetti con patologie con influenzano il metabolismo e l’assorbimento della vitamina D, osteoporosi, e anziani con una storia di di cadute o fratture non traumatiche.

Lo studio invita, infine, a prestare attenzione al tipo di ricerca effettuata dal laboratorio di analisi per verificare un’eventuale carenza di questa vitamina: alcuni laboratori determinano il livello di 25(OH)D3 e non del totale, il che può portare a una diagnosi e a una supplementazione non corrette.

Stefania Somaré