Terapia del movimento indotta da vincoli

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Dopo un evento di ictus o trauma cerebrale che genera disabilità gli arti il paziente tende a non utilizzare l’arto maggiormente leso, ma a concentrarsi soprattutto sugli arti ancora funzionanti. Ciò rende il percorso riabilitativo meno efficiente.
Per ovviare a questa situazione, il neuroscienziato del comportamento Edward Taub, affiliato all’Università dell’Alabama a Birmingham, ha ideato una terapia che aiuti i pazienti a sviluppare maggior equilibrio fisico oltre a sicurezza e destrezza nell’uso dell’arto leso.

L’approccio si chiama “terapia del movimento indotta da vincoli” e consta del far indossare al paziente un’imbracatura che limita il movimento dell’arto meno colpito, obbligandolo quindi a utilizzare l’arto da recuperare.

Si tratta di un metodo intenso, che richiede dalle 3 alle 6 ore di fisioterapia al giorno, passate a svolgere compiti ripetitivi per consentire al paziente di sviluppare maggiore destrezza manuale. A casa, il paziente deve porre attenzione ai propri gesti abituali e individuare quelli in cui fatica maggiormente a usare l’arto più leso: questi gesti verranno poi lavorati con il terapista. Si tratta di un lavoro intenso che consente, però, di stimolare la neuroplasticità, portando il paziente a sentirsi più sicuro nella vita di tutti i giorni.

Tuttavia, non è raro che i pazienti sentano frustrazione durante il percorso e per evitare che abbandonino può essere necessario il supporto dei famigliari e caregiver. Forse anche per questa ragione, l’approccio può faticare a trovare il proprio posto nei percorsi riabilitativi. Un recente studio australiano cerca proprio di capire quali sono le ragioni per cui questo metodo, pur considerato ottimo per il recupero degli arti lesi, fatichi a decollare. Gli autori si sono in particolare concentrati su valutazioni di carattere economico considerando 5 ospedali, parte di un progetto di implementazione, chiamato ACTIveARM.

Si è calcolato che l’implementazione della “Terapia del movimento indotta da vincoli” nei 5 ospedali, per un totale di 9 équipe riabilitative, abbia richiesto un investimento di 110.336,43 dollari australiani in 18 mesi. Il costo per singolo paziente di un percorso con questa tecnica è invece di 1233,38 dollari australiani. Se il percorso è di gruppo, il costo scende invece a 936 dollari australiani. Molti pazienti hanno avito un vantaggio dall’uso dell’approccio.

Gli autori hanno anche calcolato che il rapporto incrementale costo-efficacia dei singoli percorsi in “Terapia del movimento indotta da vincoli” è di 8052 dollari australiani per ogni persona che ha visto migliorare in modo significativo la funzionalità del braccio e di 6045 dollari australiani per i lavori di gruppo. Si tratta di un buon risultato, che dovrebbe facilitare l’implementazione di una terapia innovativa, anche se più costosa. Bisogna però considerare i costi di investimento per l’implementazione. Nel miglior scenario possibile, gli autori dicono che il rapporto incrementale costo-efficacia è di 245 dollari australiani per ogni persona che ha ripreso a usare il braccio.

I calcoli economico sono un po’ complicati, però, tanto che gli stessi autori non sono convinti di aver chiarito al meglio il rapporto costo/efficacia del trattamento. Quel che è certo è che la campagna di implementazione ne ha favorito la diffusione nei reparti di riabilitazione coinvolti. Sarebbe interessante capire quanto questo approccio sia utilizzato nei nostri centri di riabilitazione e con quali risultati.

(Lo studio: Christie LJ, Fearn N, McCluskey A, Lovarini M, Rendell R, Pearce A. Cost-Effectiveness of Constraint-Induced Movement Therapy Implementation in Neurorehabilitation: The ACTIveARM Project. Pharmacoecon Open. 2022 Mar 22. doi: 10.1007/s41669-022-00323-9. Epub ahead of print. PMID: 35316523)

Stefania Somaré