Riabilitazione robotica, documento su criteri e raccomandazioni di impiego

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(foto archivio)

A seguito di una consensus conference sulla riabilitazione robotica che ha visto la partecipazione di un ampio gruppo di lavoro multidisciplinare e multiprofessionale composto da quasi 200 tra medici, ingegneri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, bioeticisti, rappresentanti delle associazioni dei disabili e del mondo dell’industria, è stato pubblicato il risultato conclusivo di questo percorso, promosso dal Centro Nazionale per le Tecnologie Innovative in Sanità Pubblica dell’ISS, dalla SIMFER e dalla SIRN.

Il Documento finale della Conferenza Nazionale di Consenso “La riabilitazione assistita da robot e dispositivi elettromeccanici per le persone con disabilità di origine neurologica” è stato realizzato grazie al contribuito di 6 gruppi di lavoro e diversi esperti afferenti a vari entri e università.

Il primo aspetto preso in considerazione dagli autori sono le criticità riscontrate negli studi 316 studi presi in esame, nella metà dei casi randomizzati controllati.

Le patologie studiate erano ictus, lesioni spinali, sclerosi multipla, paralisi cerebrale infantile e traumi cranici.
I soggetti coinvolti appartenenti a tutte le fasce d’età. 100 i dispositivi robotici utilizzati negli studi, certificati con marchio CE nel 19% dei casi.

Di norma i dispositivi end effector sono usati per gli arti superiori e gli esoscheletri per gli arti inferiori. Certamente, la maggioranza degli studi si concentra sul passo e quindi sugli arti inferiori. Ed ecco alcune delle criticità rilevate.

Anzitutto, mancano le descrizioni dei percorsi riabilitativi robotici utilizzati, il che rende molto difficile la replica di un certo protocollo fuori dal contesto in cui è stato ideato. Ciò non contribuisce alla disseminazione di una pratica che spesso è efficace.

Questa mancanza descrittiva, inoltre, rende difficile capire quali sono gli aspetti della riabilitazione robotica che incidono sulla plasticità neuronale.

Gli autori del documento sottolineano anche che spesso i protocolli utilizzati sono standardizzati e per questo non si riesce a distinguere cosa funziona per una data patologia e cosa per un’altra. Bisognerebbe inoltre capire come utilizzare la riabilitazione robotica in fase acuta di malattia.

Per queste e altre ragioni, il documento non fornisce delle vere e proprie Raccomandazioni, ma una sintesi delle evidenze in varie casistiche, sia relative all’arto superiore che a quello inferiore, negli adulti e nei bambini.

Molte le indicazioni di ciò che sembra funzionare in ogni caso, ma tanti anche i punti di domanda sollevati. I professionisti coinvolti hanno infatti evidenziato quali aspetti occorre ancora indagare per poter utilizzare i dispositivi robotici in modo ottimale per il raggiungimento degli obiettivi di ogni singolo paziente, anche in virtù di un percorso sempre più personalizzato.

Stefania Somaré