Le fratture da fragilità sono un problema sanitario in aumento che richiede un intervento su più livelli. Il primo è certamente individuare, tra i soggetti anziani, quelli a maggior rischio per poterli trattare farmacologicamente, se necessario, cercando di limitare la progressione dell’osteoporosi.
È poi necessario lavorare sull’ambiente in cui l’anziano vive e sulle sue abitudini, riducendo il più possibile ogni possibile fattore di rischio. Al momento l’osteoporosi viene diagnosticata con un esame specifico, la densitometria ossea, eseguita tramite la tecnica a doppio raggio x (DEXA).
Questa valuta, come dice il nome stesso, la densità delle ossa (BMD) in particolari sedi dello scheletro, di solito la colonna lombare e il femore perché più soggette a fratture. Si sa, però, che in alcuni soggetti la densità ossea è buona, o appena intaccata, mentre le trabecole ossee sono già intaccate dalle malattie: si tratta di persone che non possono accedere ai farmaci specifici.
Un recente studio dell’Università di Pittsburg valuta l’uso di un ulteriore indice, capace di generare informazioni complementari che riguardano proprio la microarchitettura ossea, al più tradizionale BMD. Si tratta del trabecular bone score (TBS Hip) calcolato per il femore, un indice per il quale si trovano vari studi in letteratura, senza essere però arrivati a evidenze chiare di utilità.
Individuare soggetti con fragilità ossea a discapito dei valori di BMD è importante per trattarli e, quindi, prevenire possibili fratture.
È noto, infatti, che incorrere in una frattura per fragilità non solo aumenta il rischio di svilupparne altre, ma ha anche un certo impatto sulla mortalità: ciò è quantificato per le fratture di femore, associate a un 20% di mortalità entro i 12 mesi. Ciò non significa che le altre fratture da fragilità siano meno pericolose: è infatti provato che i soggetti che hanno già sperimentato una frattura vertebrale, per esempio, hanno un aumentato rischio di incorrere anche in una frattura di femore.
Se si considera che gli esperti stimano che solo 1/3 delle fratture vertebrali vengono riportate ai clinici, si capisce che il problema è notevole. Occorre lavorare alla fonte: scoprire i soggetti a rischio quando la loro osteoporosi non è ancora grave per trattarli adeguatamente.
A tal proposito, un altro dato interessante riguarda proprio l’uso di farmaci specifici in questa popolazione di anziani, che è estremamente basso. Un’indagine della Fondazione Internazionale Osteoporosi ha evidenziato, infatti, un basso accesso alla diagnosi per osteoporosi e successivo trattamento, con particolare riferimento alle donne in post-menopausa. I Paesi coinvolti erano 11. Per tornare allo studio di Pittsburg, gli autori hanno coinvolto 132 donne in post-menopausa residenti in strutture a lunga degenza, sottoponendole a varie analisi per individuare il BMD e il TBS Hip a livello di femore, collo del femore, grande trocantere e colonna lombare.
Sono stati presi in considerazione anche i marker di turnover osseo. I risultati suggeriscono che il TBS Hip possa, seppur moderatamente, fornire informazioni complementari a quelle offerte dal BMD.
(Lo studio: Haeri NS, Perera S, Ferreiro I, Hans D, Greenspan SL. Trabecular bone score in the hip: a new method to examine hip bone microarchitecture-a feasibility study. Arch Osteoporos. 2022 Sep 20;17(1):126. doi: 10.1007/s11657-022-01168-9. PMID: 36125566)
Stefania Somaré