La stampa 3D è una delle tecnologie che si sta maggiormente diffondendo in medicina sia per la realizzazione di modelli sui quali preparare un intervento chirurgico complesso o farsi una migliore idea diagnostica sia per la creazione di protesi impiantabili.

Presso la Fondazione Policlinico Agostino Gemelli Irccs di Roma questa tecnologia ha permesso la realizzazione e l’impianto di una protesi rivoluzionaria, in titanio poroso, o trabecolare.
Il dott. Ivan De Martino con due colleghi statunitensi ha messo a punto la protesi, particolarmente utile per i soggetti giovani. Sappiamo, infatti, che l’aumento della pratica sportiva tra i giovani può portare a processi degenerativi delle cartilagini di ginocchio prima del tempo, richiedendo in alcuni casi un intervento di artroplastica.
Il problema è che le protesi tradizionali devono essere cementate con polimetilmetracrilato che, è provato, dopo 15-20 inizia a cedere, determinando uno “scollamento” della protesi dall’osso: occorre quindi intervenire con un intervento di revisione che è sempre più delicato e ha un tasso di complicanze maggiori di un primo intervento.
Da qui l’esigenza di individuare protesi adatte a essere inserite in soggetti giovani e attivi.

«I problemi di allora», prosegue il dott. De Martino, «sono stati superati con le moderne tecnologie, come le protesi non cementate prodotte attraverso una stampante 3D. Si tratta di soluzioni adatte ai giovani, che hanno esigenze diverse dall’anziano, comprese quelle di tornare a svolgere alcuni tipi di attività sportiva come giocare a tennis o a sciare… il che comporta dei carichi diversi sulla protesi, che viene utilizzata di più e per un periodo più lungo.
Qui al Gemelli eravamo già all’avanguardia per le protesi del ginocchio nel giovane e adesso siamo stati i primi al mondo a utilizzare una di queste nuove protesi innovative nell’uomo.
Il 29 aprile scorso abbiamo impiantato la prima protesi al titanio stampata 3D su un paziente di 49 anni con artrosi post traumatica, dovuta ad una frattura del piatto tibiale, riportata a seguito di un incidente motociclistico».

Il titanio può infatti essere stampato in 3D modulando la porosità e le conseguenti proprietà biomeccaniche, così da mimare al meglio l’osso.
Di fatto, questa protesi diventa terreno di crescita per il tessuto osseo nativo, che quindi la salda e le permette di resistere meglio alle sollecitazioni.

Da dove arriva l’idea di questa protesi?
«Il tutto è nato da un progetto di ricerca. Il sistema di ancoraggio delle nuove protesi è rappresentato da due fittoni principali; però dove collocarli a livello topografico ha richiesto un lungo studio accompagnato da simulazioni al computer con modelli matematici, che ci hanno fatto capire quale fosse la topografia ideale, che è poi quella che abbiamo scelto per le nostre protesi.
La nuova protesi è stata sviluppata e commercializzata con una company italiana, la Lima Corporate di Villanova San Daniele (Friuli), leader mondiale della stampa 3D in ortopedia e produttore della prima componente protesica d’anca stampata in 3D al mondo nel 2007».

La protesi dovrebbe quindi avere una vita più lunga e consentire di ritardare il momento della revisione. Resta importante seguire i pazienti nel tempo, per individuare eventuali segnali di logoramento protesi ai loro esordi e poter quindi intervenire su sistemi ancora in equilibrio.

Stefania Somaré