Riabilitazione robotica del passo: una review

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Uno studio australiano ha messo a confronto i dispositivi robotici indossabili presenti sul mercato per la riabilitazione del passo, concentrandosi sulle loro caratteristiche meccaniche e sugli aspetti del controllo e della sicurezza (Jamwal, P.K., Hussain, S., & Ghayesh, M.H. (2020). Robotic orthoses for gait rehabilitation: An overview of mechanical design and control strategies. Proceedings of the Institution of Mechanical Engineers, Part H: Journal of Engineering in Medicine).

Via via che la tecnologia avanza, infatti, vengono realizzati sistemi robotici sempre più performanti e sicuri.
Lo studio ha preso in considerazione 13 dispositivi in tutto che possono essere utilizzati sul tappeto o sul suolo: Lokomat, AlexIII, Vanderbilt exoscheleton, Scut robotic exoscheleton, HAL, WPAL, LopesII, Nus knee-ankle-foot robot, Mindwalker, Altacro, Pam e Pogo, Icro e Kafo.

Tutti questi dispositivi sono utilizzati nella riabilitazione dei pazienti che hanno subito uno stroke oppure nei pazienti con lesioni spinali.

Uno degli aspetti ricercati dallo studio è la capacità di questi robot di consentire all’utente di effettuare movimenti naturali: una caratteristica che può essere ottenuta aggiungendo un maggior numero di gradi di libertà.
Tra i dispositivi presi in considerazione, secondo lo studio quelli che meglio riescono in questo intento sono AlexIII, Lopes e LopesII.

Il sostenere movimenti naturali è un aspetto utile alla riabilitazione che deve essere tenuto in considerazione in sede di ideazione di un nuovo prototipo robotico.
Similmente, occorre scegliere con attenzione gli attuatori perché questi influenzano la sicurezza dell’interazione macchina-uomo.

Inizialmente si tendeva a utilizzare attuatori elettromagnetici, ora sostituiti in molti modelli da attuatori pneumatici o elastici (SEA), considerati più sicuri: questi aumentano la compliance intrinseca dei meccanismi dell’ortosi, facilitando l’interazione dell’uomo con il dispositivo.

Inoltre, consentono di ridurre il peso del robot riabilitativo.
Un altro modo per ridurre il peso di questi dispositivi è posizionare gli attuatori non direttamente a livello delle articolazioni, ma in posizione distale.
Questa modalità rende però il disegno del robot riabilitativo più complesso perché richiede un sistema di trasporto del segnale dall’attuatore all’articolazione meccanica.

Lo studio ha individuato un’altra importante area di ricerca: lo sviluppo di strategie di controllo, un ambito che deve essere ancora ben indagato, secondo gli autori dello studio.

I primi Lokomat non contenevano metodi di controllo della traiettoria.
Oggi i dispositivi che utilizzano attuatori SEA o pneumatici lo fanno attraverso complessi algoritmi che portano gli stessi attuatori a comportarsi in modo differente a seconda della risposta data al passo dal suolo.

Ciò dovrebbe permettere di adattarsi meglio al tragitto ma, al contrario, genera una certa instabilità nel passo.
Uno dei problemi da superare è il basso numero di soggetti inseriti negli studi per valutare questi aspetti dei dispositivi robotici.

Infine, un’altra area emergente di ricerca è quella dell’allineamento dei device robotici alle articolazioni del paziente che, se mancante, mina il buon funzionamento del dispositivo.

Essendo una tecnologia nuova, anche se in rapida diffusione, servono ancora parecchi studi per definire il miglior design meccanico e le migliori strategie di controllo: gli autori dello studio sottolineano però che molto è stato fatto e che gli avanzamenti si vedono.
Obiettivo delle ricerche future deve essere anche la standardizzazione della riabilitazione robotica.

Stefania Somaré