Secondo gli ultimi dati del report del Registro Artroprotesi, le sostituzioni totali di anca nel 2020 sono state 29.269, 8.290 le parziali. A questi numeri si aggiungono i circa 2.220 interventi di revisione.
Tornando alle sostituzioni primarie, solo 978 sono state bilaterali, mentre nella maggior parte dei casi i pazienti hanno ricevuto una protesi unilaterale, destra o sinistra. Ciò nonostante in molti casi entrambe le anche avessero segni di artrosi.
La tendenza è quindi a intervenire prima sull’anca più segnata da usura per poi rioperare dopo qualche tempo la seconda.
Negli ultimi anni, soprattutto con l’avvento di nuove tecnologie e la possibilità di effettuare artroprotesi di anca anche con interventi mini-invasivi, ci sono chirurghi ortopedici che caldeggiano la sostituzione bilaterale nei soggetti con entrambe le anche rovinate dall’artrosi: questa procedura porterebbe vantaggi agli stessi pazienti, permettendo loro di sottoporsi a un unico intervento, dovendo quindi subire un solo ricovero, e al chirurgo di pianificare meglio e con maggior precisione la lunghezza dei due arti, risparmiando al paziente eventuali scompensi posturali.
Uno studio tedesco pone l’accento anche su un altro aspetto: secondo i ricercatori del Dipartimento di Ortopedia del Campus Eisenberg dell’Università di Jena una protesi d’anca unilaterale porterebbe a cambiamenti nella densità ossea del sacro, con un suo indebolimento.
Il razionale dello studio sta in alcune osservazioni pregresse effettuate dallo stesso team che ha notato come molti dei pazienti trattati per frattura del sacro da fragilità avessero una protesi totale di anca unilaterale. Da qui il dubbio approfondito con il recente studio retrospettivo.
Il team ha quindi rivisto i dati di 171 pazienti con fratture da insufficienza sacrale (SIF) per cercare relazioni con pregressi interventi di THA ipsolaterali o controlaterali rispetto alla frattura. Ciò che hanno osservato è che 50 di questi pazienti erano stati in effetti sottoposti a un intervento THA, nella maggior parte dei casi (31) unilaterale. Di questi, il 42% presentava un indebolimento del sacro controlaterale e il 19% ipsolaterale. In alcuni pazienti la fragilità del sacro si presentava su ambo i lati.
Non contenti dei risultati, gli autori hanno preso altri 39 pazienti sottoposti a THA ma senza problematiche al sacro, andando a calcolarne la densità ossea con una tomografia computerizzata subito dopo l’intervento a dopo un anno di follow-up: hanno così potuto verificare che la densità ossea a livello del sacro diminuisce sensibilmente nella parte controlaterale all’anca protesizzata.
La diminuzione nella parte ipsolaterale è invece insignificante dal punto di vista statistico. La conclusione degli autori è che in qualche modo la THA vada a indebolire l’osso del sacro nella parte controlaterale all’intervento: una possibilità che deve essere ulteriormente indagata.
È probabile che la THA modifichi i carichi sul bacino, portando a un rimodellamento osseo, ma i meccanismi d’azione devono essere approfonditi e, soprattutto, occorre tenere conto di questa nuova evenienza. Se fosse confermata questa relazione tra THA unilaterale e fragilità del sacro, occorrerà valutare nuove tecniche o modalità di intervento post operatorio per evitare la depauperazione del sacro stesso, così da ridurre il numero di fratture da fragilità che avvengono nella popolazione di una certa età.
(Lo studio: Graul I, Strube P, Vogt S, Matziolis G, Brodt S, Hölzl A. Does Total Hip Arthroplasty Influence the Development and Localization of Sacral Insufficiency Fractures? J Bone Joint Surg Am. 2021 Nov 22. doi: 10.2106/JBJS.21.00218. Epub ahead of print. PMID: 34807876)
Stefania Somaré