Protesi di arto superiore, l’importanza dello sguardo

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Studiare come si muove lo sguardo di un portatore di protesi per comprenderne concentrazione, esigenze e aiutarlo a controllarla meglio.

Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Derby (UK), dell’Università di New Brunswick (Canada) e dell’Università Claude Bernard di Lione (Francia) ha proposto un modo per analizzare lo sguardo del portatore di protesi mentre svolge una serie di attività, per capire come migliorare questi dispositivi e renderne più semplice l’utilizzo.

Sguardo e concentrazione

La correttezza dell’esecuzione di un qualsiasi compito richiede una certa concentrazione. La vista riveste un ruolo particolarmente importante nella concentrazione di un portatore di protesi, diversamente che in un soggetto con arto nativo: il primo non ha altri feedback su cui basarsi e quindi usa la vista per assicurarsi che i movimenti siano corretti, mentre il secondo può contare su tatto e altri sensi per questa verifica, lasciando spesso l’arto al controllo della vista periferica.

Gli autori hanno quindi sviluppato un software in grado di identificare e tracciare i punti e le aree di interesse dello sguardo dell’utente durante una serie di attività, riducendo al minimo l’intervento umano.

Alla base del software c’è la “Southampton Hand Assessment Procedure, in breve SHAP, utilizzata per valutare la funzionalità della mano e scelta perché particolarmente appropriata per lo scopo degli autori. Il sistema utilizza una tavola con componenti di colori accesi, nello specifico rosso e blu elettrico per il timer, e una serie di spazi definiti per la posizione degli oggetti.

Il soggetto deve quindi avviare il timer per poi eseguire il compito, per esempio, tagliare un cilindro di plastilina con un coltello, per poi rischiacciare il timer. Il sistema valuta la direzione dello sguardo in ogni momento dell’esecuzione utilizzando una camera montata sulla testa del soggetto.

Differenze tra portatori di protesi e no

Gli autori hanno utilizzato il software su 14 pazienti privi di amputazione e 4 utilizzatori di mano mioelettrica, confrontandone i risultati. Si è così visto che questi ultimi tendono a muovere maggiormente lo sguardo sul campo di lavoro, il che parla di una certa difficoltà di concentrazione, rispetto ai soggetti senza protesi, il che li porta a eseguire il compito in tempi mediamente più lunghi.

Durante la fase di manipolazione lo sguardo invece si fissa. Si è inoltre osservato che chi utilizza una protesi tende a mettere in atto una serie di movimenti per compensare la mancanza di flessibilità dell’arto e della mano, di solito deviando la posizione della testa dal campo visivo.
Secondo gli autori un dispositivo di questo tipo può contribuire da una parte a migliorare le protesi e dall’altra a lavorare meglio con i pazienti in fase riabilitativa.

(Lo studio: Kyberd, P.; Popa, A.F.; Cojean, T. A Tool to Assist in the Analysis of Gaze Patterns in Upper Limb Prosthetic Use. Prosthesis 2023, 5, 898-915. https://doi.org/10.3390/prosthesis5030063)