Si sa che camminare con una protesi non è sempre semplice, soprattutto se questa è disegnata per essere passiva e conservare energia, piuttosto che produrla. Ancora più, l’esecuzione di molte attività quotidiane richiede l’attivazione della caviglia, cosa che in una protesi spesso non si può fare. Per non parlare poi della relazione tra il centro di pressione e quello di massa del corpo e del ruolo dell’equilibrio dinamico. Non poter più contare su questi aspetti naturali e automatici, e sul ritorno sensoriale a livello di pianta del piede, pone gli amputati che usano una protesi ad alto rischio di caduta. A meno che non abbiano la possibilità di usare una protesi robotica capace di generare una coppia attiva a livello delle articolazioni, come la caviglia.

Un team di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Biomedica della North Carolina State University ha presentato su “Science Robotics” gli effetti sul cammino e l’equilibrio di una protesi dotata di caviglia robotica controllata tramite elettromiografia di superficie.

Il protocollo di studio

Il dispositivo è stato testato su 5 pazienti con amputazione transtibiale, abituati a stare in piedi con la protesi almeno 12 ore al giorno. Si tratta di una tipologia di pazienti che necessita di poter contare su un alto controllo posturale per poter svolgere al meglio e con poca fatica le proprie mansioni e attività.

Gli autori hanno, in particolare, messo a confronto l’efficacia delle protesi passive normalmente utilizzate da questi pazienti con quella della nuova protesi robotica in due differenti condizioni: una situazione simulata di equilibrio precario e una di movimento volontario di oscillazione avanti e indietro del corpo.

In entrambi i casi, gli autori hanno osservato che i partecipanti ottenevano una stabilità posturale maggiore usando il prototipo robotico, rispetto che con la protesi normalmente utilizzata. Ancora di più, gli autori hanno constatato che le strategie di equilibrio utilizzate con la protesi robotica sono molto simili a quelle che si vedono in chi ha entrambi gli arti inferiori nativi.

Il controllo neurologico è la chiave

La chiave di quanto descritto sta proprio nel controllo neurologico del movimento della protesi, ottenuto con una elettromiografia di superficie. Aaron Fleming, co-autore dello studio, spiega: «i sensori elettromiografici sono posizionati sopra i muscoli a livello dell’amputazione. Quando un partecipante allo studio pensa di muovere l’arto amputato, invia segnali elettrici attraverso la muscolatura residua dell’arto inferiore. I sensori raccolgono questi segnali e li traducono in segnali di comando per la protesi». Dati questi esiti positivi, gli autori hanno già sviluppato idee per proseguire la ricerca.

In primis, intendono ripetere lo studio dando però la possibilità ai partecipanti di allenarsi prima con il prototipo robotico, ovvero di prenderci confidenza. In secondo luogo, si vorrebbe ridurre la dimensione del sistema di comando della protesi per poter studiare gli effetti del prototipo in condizioni di vita vera, fuori dal laboratorio. Aspettiamo di vedere quali esiti otterranno.

Studio: Fleming A, Liu W, Huang HH. Neural prosthesis control restores near-normative neuromechanics in standing postural control. Sci Robot. 2023 Oct 25;8(83):eadf5758. Epub 2023 Oct 18. PMID: 37851818