Recenti dati del Ministero della Salute stimano che in Italia siano circa 5 milioni le persone affette da osteoporosi, nell’80% dei casi donne in post-menopausa. A sua volta, questa condizione mette a serio rischio i soggetti di incorrere in fratture da fragilità, per le quali è sufficiente un colpo a bassa energia.

Conoscere lo stato di salute delle proprie ossa è fondamentale per mettere in atto strategie di prevenzione della caduta da una parte, e dall’altro per iniziare trattamenti farmacologici ad hoc che possono rallentare la progressione della malattia. Completa il quadro l’attività fisica ad alto sforzo, che sembra essere fondamentale per conservare la gioventù delle ossa.

Fondamentale il ruolo dei medici di medicina generale, che devono individuare i soggetti a rischio e sottoporli agli esami diagnostici indicati per verificare la presenza o meno di osteoporosi, oppure di osteopenia. A tal fine, l’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma ha costituito la Commissione per l’osteoporosi.

I membri della Commissione

Coordinatore del progetto, il chirurgo ortopedico Francesco Bove, già presidente della Fondazione Italiana per la lotta contro l’artrosi e l’osteoporosi (AILA). Lo affiancano in questo lavoro il vicepresidente dell’OMCeO Roma, Stefano De Lillo, il professore Giulio Maccauro, ordinario di Ortopedia e Traumatologia al Policlinico Gemelli, il professore Ciro Villani, ordinario all’Università Sapienza e altri tre specialisti, ovvero Mario Manili, Giancarlo De Marinis e Giorgio Bove.

Spiega le ragioni alla base dell’avvio di questa Commissione lo stesso Francesco Bove, «l’osteoporosi è in forte crescita nel mondo, e anche in Italia, legata principalmente al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. Sappiamo che il nostro è il Paese con il più alto numero di ultra 65enni, siamo al 20%, e abbiamo un numero altissimo di ultra ottuagenari: è proprio questa la fascia critica dello sviluppo di patologie importanti come l’osteoporosi, che anni fa, come Aila, definimmo “il tarlo silenzioso”, proprio perché questa malattia si manifesta solo nel momento in cui sono evidenti le complicanze, ovvero le fratture, del femore e della colonna vertebrale».

Bove ricorda, poi, che dopo i 65 anni l’osteoporosi colpisce anche il 6% della popolazione maschile. Non è quindi vero che il problema interessa solo le donne, sebbene loro inizino a svilupparlo prima, a causa della caduta degli estrogeni.

Perché serve una Commissione?

Occorre fare informazione: basti pensare che «circa il 50% delle persone non sa di essere affetto da osteoporosi, mentre il 50% delle persone che sono convinte di esserne affette, in realtà non lo sono», prosegue Bove. Informare significa anche chiarire alla popolazione che gli stili di vita possono impattare lo sviluppo dell’osteoporosi.

Essenziale è l’alimentazione, che deve essere ricca in calcio; fondamentale anche il tempo passato all’aria aperta, perché solo così si produce la vitamina D, necessaria per assimilare il calcio. Prevenzione significa anche proseguire con l’attività fisica, a tutte le età.

Conclude il coordinatore Bove, «presso l’Ordine dei medici di Roma organizzeremo presto un corso, aperto a tutti i colleghi, per fare il punto della situazione e fornire indicazioni che potrebbero anche diventare linee guida da seguire per dare una assistenza adeguata alle persone: dobbiamo uscire dal loop che i cittadini si accorgono di avere l’osteoporosi solo dopo che si è verificata una frattura».

Un loop pericoloso per i cittadini, dato che le fratture da fragilità si associano a un maggior tasso di mortalità, ma anche per il sistema Paese: le fratture da fragilità hanno, infatti, un alto costo socio-sanitario.