Nel 2023 ha vinto una serie di premi, ovvero il Best of Best Award e il Luminary Award del Red Hot Design Award e un premio nella categoria “Medical and Scientifics” e uno in quella “Design for People” del DNA Paris Design Awards (DNA Paris Design Awards). Mentre è attualmente in lizza per il James Dyson Award. Si tratta di Lunet, protesi di dita realizzata in acido polilattico e poliuretano termoplastico, completamente stampabile in 3D, pensata per rispondere all’esigenza di chi ha perso una o più dita delle mani e non può permettersi una protesi commerciale.
Il progetto è di David Edquilang, ora laureato presso il Gerald D. Hines College of Architecture and Design dell’Università di Huston. Suo mentore, il professore Jeff Feng, co-direttore del Programma di Design Industriale della stessa Università.
Come nasce l’idea
Ancora studente universitario, Edquilang è venuto a conoscenza di una donna che aveva perso alcune dita della mano a causa di un congelamento. Mosso dal desiderio di aiutarla, e come lei tanti altri, ha pensato allo sviluppo di una protesi che restaurasse la possibilità di afferrare gli oggetti ma che avesse un prezzo contenuto. L’ispirazione deriva da una protesi di arto superiore precedentemente sviluppata con un collega dello stesso College Universitario, Niell Gorman, e vincitrice nel 2022 del Bronze Award dell’Industrial Designers Society of America’s (IDSA) International Design Excellence Awards (IDEA): Knack. In particolare, ha preservato la semplicità del progetto, il basso costo e la modularità: ogni dito della protesi è, infatti, composto da 4 elementi che ne permettono il movimento.
Dall’idea al suo sviluppo
Il primo prototipo realizzato è stato sottoposto a un processo di miglioramento che ha portato alla stampa di almeno 60 diverse versioni, per arrivare infine all’ultima, più resistente, più semplice da configurare e assemblare e con funzionalità migliori.
Si racconta che per arrivare a questo risultato a un certo punto Edquilang abbia definito una delle versioni di prototipo per vedere dove si sarebbero formati i punti di rottura e intervenire sul rinforzo: ha, così, scoperto una debolezza nella nocca distale e sistemato sostituendo al precedente collegamento rigido un collegamento flessibile. Il prodotto finale di questo lavoro di sperimentazione è praticamente impossibile da rompere.
Lunet, come Luna
Il nome di questa protesi innovativa è ispirata dalla sua stessa geometria che evoca l’idea che la protesi stessa orbiti intorno alle articolazioni dell’utente per consentirne il movimento, idea che, a sua volta, evoca il movimento della luna intorno al nostro Pianeta, da qui, Lunet.
Un’idea romantica, nata nella mente di un giovane uomo convinto che il design possa portare risposta a tanti dei problemi dell’uomo. A patto di essere disposti a impegnarsi, sperimentare e accettare i fallimenti come tasselli fondamentali del processo. Il desiderio di Edquilang è di poter rendere disponibile la protesi gratuitamente su Internet, per aiutare le tante persone con amputazione di dita a recuperare le proprie attività quotidiane.