Post ictus, studio di usabilità per smart reminder da polso

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(immagine cortesia: autori dello studio)

I pazienti che sopravvivono a un ictus cerebrale si trovano a dover convivere con una serie di disabilità ,differenti a seconda delle aree del cervello colpite.
La riabilitazione si è dimostrata utile, negli anni, per il recupero funzionale di questi pazienti; scopo principale di questa pratica è stimolare la plasticità sinaptica neuronale per costruire nuovi pattern capaci di ristabilire il controllo di una data funzione, che sia cognitiva o motoria.

Si tratta di un obiettivo che richiede impegno e continuità, tanto al paziente, quanto alla struttura sanitaria implicata, spesso in carenza di risorse in questo periodo storico. Una possibile soluzione potrebbe essere spostare parte del percorso riabilitativo a casa, utilizzando per esempio dei device indossabili.

Gli autori di un recente studio cinese sottolineano, però, l’importanza, prima di verificare gli outcome clinici di un percorso di questo genere, di studiare nel dettaglio l’usabilità del device utilizzato. Le variabili in gioco sono infatti molte e potrebbero inficiare sul buon esito riabilitativo sul lungo periodo.
Ecco allora che nel loro lavoro si concentrano su uno smart watch, focalizzandosi sulla teleriabilitazione dell’arto superiore in pazienti con stroke.

Il dispositivo contiene un accelerometro e un giroscopio che, insieme, registrano in modo dettagliato i movimenti dell’arto nello spazio, e può essere collegato a una applicazione di teleriabilitazione che può essere scaricata sullo smartphone dei pazienti e che propone loro una terapia interattiva.

Questo studio di usabilità coinvolge solo 11 soggetti e utilizza due canali differenti: da una parte valuta se il dispositivo favorisca l’aderenza terapeutica dei pazienti e, dall’altra, domanda loro di giudicare il metodo: in questo modo si vogliono individuare eventuali criticità da elaborare e migliorare.

I pazienti coinvolti sono stati prima di tutto formati da un terapista occupazionale all’uso del dispositivo indossabile e della app di teleriabilitazione, per poi ricevere un programma di esercizi settimanale personalizzato, con 2 o 3 sessioni giornaliere di una trentina di minuti. Ogni paziente ha seguito il percorso di teleriabilitazione almeno per 2 settimane, così da poterlo conoscere a fondo e valutare in modo appropriato.

Alla fine del periodo di studio, gli autori hanno calcolato per ogni partecipante il livello di aderenza al percorso riabilitativo, considerandolo “buono” con almeno l’80% delle sessioni portate a termine, e hanno chiesto di completare un questionario, il “System Usability Scale (SUS)”.

I risultati del SUS sono stati elaborati sia in via generale, considerando il 68% come valore positivo, che personalmente: in questo caso, gli autori hanno considerato un valore del 70% per definire il dispositivo completamente utilizzabile.
Infine, i partecipanti sono stati anche coinvolti in interviste semi-strutturate di carattere qualitativo. Veniamo quindi ai risultati ottenuti. Il SUS ha raggiunto una media di 84.3 punti su 100, dimostrando che i partecipanti hanno apprezzato il dispositivo. Anche l’aderenza terapeutica è stata ottima, pari al 91%.

Le risposte all’intervista semi-strutturata hanno comunque messo in evidenza alcuni aspetti da migliorare, in primis la dimensione del device e il suo peso, considerati eccessivi, e il suo strappo. I partecipanti hanno poi chiesto una maggiore variabilità degli esercizi proposti e adattabilità ai miglioramenti di ognuno.

Utile, poi, pensare a degli appuntamenti in presenza durante il percorso riabilitativo per favorire un uso a lungo termine del servizio. In linea di massima, quindi, lo studio conferma la bontà del device, ma sottolinea anche l’esigenza di migliorarlo per andare incontro ai pazienti e stimolarli a un uso continuativo e prolungato nel tempo.

(Lo studio: Toh SFM, Gonzalez PC, Fong KNK. Usability of a wearable device for home-based upper limb telerehabilitation in persons with stroke: A mixed-methods study. DIGITAL HEALTH. 2023;9. doi:10.1177/20552076231153737)

Stefania Somaré