L’artrosi trapezio-metacarpale o rizoartrosi rappresenta circa il 10% di tutte le manifestazioni artrosiche del corpo, anche se – come precisa Giorgio Pajardi (nella foto), presidente della Società Italiana di Chirurgia della Mano e direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Plastica dell’Università degli Studi di Milano, Uoc di Chirurgia della Mano, Ospedale San Giuseppe Milano/Irccs MultiMedica – il termine artrosi per definire questa patologia è quantomai generico e fuorviante: «La patologia trapezio-metacarpica non rientra nei cosiddetti processi artrosici ineluttabili, non è una patologia esclusiva e tipica dei pazienti artrosici ed è curabile.
Se la diagnosi è tempestiva, nell’80% dei casi si può scongiurare l’intervento chirurgico attraverso un’adeguata tutorizzazione. Questa patologia interessa la radice del primo raggio digitale e nei casi più avanzati può determinare una grave invalidità con la progressiva perdita della funzione specifica del pollice, ossia di opposizione alle altre dita». Nelle fasi iniziali la patologia si manifesta con una dolenzia incostante. In questo caso la terapia conservativa basata sull’uso di un tutore permette di ottenere i migliori risultati. «Il trattamento conservativo», spiega Elena Mancon, «è in questo caso abbastanza complesso perché rappresenta il trattamento elitario: due tutori, uno notturno e uno funzionale per l’attività diurna. Presso la nostra Unità Operativa il paziente viene seguito in tre momenti importanti. Il primo è quello del confezionamento del tutore notturno: un tutore anti-brachio-metacarpale che parte da tre quarti dell’avambraccio e include il primo raggio, lasciando l’interfalangea libera; questo non comprometterà lo scarico dato sulla trapezio-metacarpica e nello stesso tempo permetterà il movimento del pollice, consentendo al paziente di coprirsi durante la notte. Dopo l’applicazione del tutore, si lascia al paziente la canonica settima o i dieci giorni per “testare” il tutore e riferire alla visita di controllo gli eventuali problemi. La visita sarà condotta dal terapista occupazionale, figura importante che avrà il compito di costruire il tutore su misura in base al tipo di attività lavorativa e alle effettive esigenze del paziente, individuate tramite apposito questionario. Sarà un tutore funzionale con il compito di sostenere l’articolazione durante le specifiche attività, senza però bloccarla. Per la costruzione dell’ausilio si potranno utilizzare materiali diversi, in materiale termoplastico microforato o multi forato, di vario spessore, in relazione al tipo di attività e di resistenza richieste. Il tutore potrà anche essere realizzato in neoprene, quindi fasce elastiche che, pur sostenendo l’articolazione, permettono un’assoluta libertà di movimento, preziosa nel caso in cui, per esempio, il paziente sia un musicista. Sulla base delle informazioni raccolte con il questionario conoscitivo, sarà poi possibile sviluppare un percorso di terapia occupazionale vero e proprio, modificando anche l’ergonomia degli strumenti abitualmente utilizzati dal paziente: la modifica dell’impugnatura del ferro da stiro, per fare un esempio, nel caso in cui la casalinga stiri abitualmente e lamenti difficoltà nello svolgere tale attività. Il terzo momento d’incontro con il paziente, infine, avviene a un mese di distanza durante il quale, sempre attraverso un apposito questionario, si raccolgono le difficoltà oggettive riscontrate, il dolore durante l’attività e a riposo. Un incontro prezioso che permette di valutare gli effettivi progressi nella terapia».