L’anticorpo monoclonale romosozumab, sviluppato dalla belga Ucb in collaborazione con l’americana Amgen, ha ottenuto da AIFA la rimborsabilità per il trattamento dell’osteoporosi severa in donne in post-menopausa ad alto rischio di frattura.
Una terapia osteo-regolatrice unica nel suo genere che propone un nuovo paradigma contro le fratture da fragilità ossea: l’approccio sequenziale.
«Se oggi i farmaci anti-osteoporosi sono classificati in anabolici (che stimolano gli osteoblasti) e anti-riassorbitivi (che riducono l’attività degli osteoclasti), romosozumab rappresenta una novità assoluta in questo panorama», ha affermato Maurizio Rossini, professore ordinario di Reumatologia all’Università degli Studi di Verona, direttore dell’Unità Operativa di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata della città veneta. «Blocca la sclerostina, una proteina prodotta dall’organismo che regola il turnover della densità ossea perché inibisce l’attività degli osteoblasti e nello stesso tempo stimola gli osteoclasti».
Legando e requisendo la sclerostina, romosozumab fa l’opposto funzionando da costruttore d’osso: «in un anno riesce a incrementare la massa ossea quanto gli altri farmaci riescono a fare solo dopo almeno 5 anni».
«Quella di romosozumab è per noi una storia affascinante», ha dichiarato Federico Chinni, amministratore delegato di Ucb Pharma Italia. «Nato dalla scoperta della sclerosteosi e della sua causa, questo anticorpo monoclonale anti-osteoporosi non solo è una novità assoluta nella cura delle fratture da fragilità, già inserita nelle linee guida dedicate, ma ha modificato l’approccio della presa in carico del paziente fratturato e ha introdotto una nuova strategia terapeutica come il trattamento sequenziale».