La stampa 3D sta acquisendo sempre maggiore importanza in ambito ortopedico, tanto che più di un centro ospedaliero si appoggia a un servizio di progettazione e stampa additiva per risolvere i casi più complessi.
Noto è il 3D4Med – Clinical 3D Printing Laboratory del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Pavia, che collabora con la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo della stessa città. Nota anche l’esperienza del CTO di Torino, dove è stato avviato un laboratorio di stampa 3D in collaborazione con ingegneri per la chirurgia maxillofacciale e quelle dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
Più di recente la tecnica è stata utilizzata anche presso l’Ospedale di Susa per realizzare una protesi di anca su misura da impiantare in una paziente di 67 anni affetta da artrosi severa dell’articolazione dovuta a una displasia congenita non adeguatamente curata in età pediatrica. Oggi lo screening neonatale per la diagnosi di displasia congenita dell’anca è diffuso lungo lo stivale, anche se non ancora a livelli ottimali, tuttavia, così non era 67 anni fa.
Se non curata, questa displasia può tradursi in artrosi precoce, zoppia, instabilità articolare, lussazione cronica e valgismo del ginocchio. Date le peculiarità del caso, «si è preferito impiantare una protesi totale d’anca utilizzando sistema “Custom Made”, con una protesi costruita su misura per lei», sottolinea Aniello Arbucci, Direttore dell’ortopedia degli ospedali di Rivoli e Susa dell’AslTo3.
Obiettivi dell’intervento
Il team ha utilizzato, quindi, le immagini radiografiche ottenute da una scansione TC per disegnare una protesi personalizzata, da stampare poi in 3D partendo da una polvere di titanio. Obiettivo, correggere al meglio la malformazione articolare e dare ottima stabilità all’anca. Il disegno “custom” permette, infatti, di ottenere il massimo contatto tra la protesi e l’osso, raggiungendo l’apice dell’efficacia dell’intervento.
Se prima dell’artroplastica totale la donna aveva gravi difficoltà al passo, dovute a una differenza di lunghezza degli arti di ben sei centimetri, dopo l’intervento questa differenza è passata a 3 centimetri, consentendole di migliorare la propria situazione. Essenziale, a questo punto, un percorso riabilitativo che le permetta di rieducare il passo.
Franca Dall’Occo, Direttore generale dell’AslTo3 ha commentato così l’evento: «l’intervento condotto a Susa dalla equipe ortopedica che lavora sugli ospedali di Rivoli e di Susa dimostra ancora una volta l’investimento di questa Direzione sull’aggiornamento tecnologico aziendale e, in particolare, sull’Ospedale segusino, che resta irrinunciabile punto di riferimento sanitario per tutta la Val di Susa e i territori circostanti».