L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che la prima causa di disabilità al mondo è la lombalgia cronica, patologia di carattere biopsicosociale che nel 2020 ha colpito una persona ogni 13 in tutto il mondo, ovvero circa 619 milioni di persone. Se si analizza la serie storica, si vede che l’incidenza della patologia è aumentata del 60% rispetto al 1990, il che porta a prevedere una crescita ulteriore nei prossimi anni. Sempre secondo l’OMS si arriverà a circa 843 milioni di pazienti entro il 2050.

La natura della lombalgia cronica ne rende complesso il trattamento e lungo il percorso di guarigione, che deve tenere conto delle più recenti scoperte in ambito di teoria del dolore e, se necessario, anche della componente psicologica del paziente.

Del tema si è discusso a Palermo in occasione della presentazione del nuovo modello elaborato da Regione Sicilia per la presa in carico di questi pazienti che, nel 2023, sono stati almeno 189.498 sull’isola. «Obiettivo del modello, migliorare l’appropriatezza prescrittiva dei FANS, consentendo ai cittadini siciliani di accedere a percorsi assistenziali omogenei e validati dal punto di vista scientifico», sottolinea Luigi Galvano, segretario della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale Sicilia. 

Primi risultati del nuovo modello

Il modello siciliano vede il medico di medicina generale essere il coordinatore del percorso di cura del paziente con lombalgia, seguito anche da altri specialisti a seconda delle necessità, ovvero neurochirurghi, ortopedici terapisti del dolore, fisiatri, reumatologi e fisioterapisti.

Obiettivo del percorso: gestire il dolore così da ridurre la disabilità a esso correlata, senza però eccedere nell’uso dei FANS e del paracetamolo, anche perché ci sono evidenze che un eccesso dell’utilizzo aumenta il rischio di peggiorare la sintomatologia dolorosa e di favorire l’instaurarsi di una fase cronica della malattia. Occorre, dunque, prescrivere meglio i medicinali e lavorare con approcci differenti, come terapia cognitivo-comportamentale con educazione al paziente, programmi di esercizio fisico, terapia riabilitativa e terapie fisiche.

Il progetto portato avanti dalla Regione ha permesso di ridurre circa del 30% la prescrizione dei FANS, a fronte di un aumento del 10% del paracetamolo. Contestualmente è aumentata la prescrizione di miorilassanti e antidepressivi, questi ultimi importanti per la componenti psico-sociale della malattia. 

Comunità di Pratiche come modello di partenza

Ma come si è giunti a questi risultati? Lo spiega Massimo Magi, Presidente Nusa Servizi: «il progetto lombalgia aspecifica promosso da Nusa Servizi e Fimmg, ha visto coinvolte tre regioni italiane, ovvero Sicilia, Marche e Veneto, in un percorso formativo di quasi 2 anni volto a implementare le competenze, l’appropriatezza e i livelli di efficacia prescrittiva in una patologia complessa qual è la lombalgia aspecifica. Si tratta di una condizione clinica caratterizzata da un’etiopatogenesi multifattoriale e che comprende anche fattori di disagio psichico e sociale che spesso aggravano il quadro di base determinando un notevole impatto sulla qualità della vita del paziente sia dal punto di vista personale sia da quello familiare e lavorativo.

Il modello assistenziale utilizzato durante questo percorso, e conosciuto come Comunità di Pratiche, ha permesso un confronto strutturato tra competenze ed esperienze dei partecipanti al progetto, determinando un rafforzamento di quella rete assistenziale tra medicina generale e medicina specialistica che rende il percorso di cura più aderente ai bisogni del paziente e attento alla real life». Gli esiti raggiunti e le competenze acquisite nei due anni passati rendono possibile la definizione di un modello Sicilia con l’avvio di PDTA specifici e omogenei su tutto il territorio regionale.