Ortoplastica per traumi gravi degli arti

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Ortoplastica, un binomio perfetto tra ortopedia/chirurgia ortopedica e chirurgia plastica. L’innovazione entra in sala operatoria per i pazienti affetti da traumi gravi agli arti inferiori o superiori. Oltre 6 mila accessi in Pronto Soccorso, ogni anno, sono per cause traumatologiche, in gran parte a carico della popolazione più giovane e/o dell’anziano o per patologie oncologiche a danno dell’osso.
Pazienti che potrebbero beneficiare dell’ortoplastica con notevoli miglioramenti in termini di esiti chirurgici e qualità della vita, ma i centri in grado di eseguirla in Italia sono ancora pochi.

L’appello

Servono delle Orthoplastic Unit, almeno negli ospedali principali sul territorio: unità iperspecializzate che si ispirano al modello delle Breast Unit, in grado di offrire al paziente con traumi gravi degli arti inferiori e superiori alta competenza e innovazione, intervenendo cioè sulla lesione con le ultime frontiere offerte dalla chirurgia ortopedica unita alla plastica.

È l’appello degli esperti, radunati a Napoli (6-8 ottobre 2022) in occasione del 70° Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica (SICPRE) in cui viene presentata l’innovazione (anche) nella gestione di traumi ossei agli arti, generati da incidenti automobilistici o sul lavoro, da infezioni dopo un intervento di protesi a un’articolazione, o a seguito di chirurgia oncologica per un tumore del tessuto osseo.

Ogni anno accedono al pronto soccorso per eventi traumatologici oltre 6 milioni di persone, di queste circa 350 mila in condizioni severe, 1 su 3 con traumi gravi o gravissimi, in prevalenza a carico della popolazione di età compresa fra 19 e 40 anni o fra gli over 70.
A fianco dei traumi, si registrano almeno 300 mila accessi di pazienti con patologie acute o croniche, dall’osteomielite ai tumori, che interessano gli arti comportando la perdita di tessuti ossei e molli.

Sulla totalità, in almeno 450 mila casi, l’ortoplastica potrebbe essere una efficace modalità di intervento. Innovativa, con un elevato impatto clinico che si traduce in un miglioramento della qualità della vita del paziente.

Le evidenze

I mezzi e le metodiche per intervenire su questa categoria di pazienti si concretizzano dunque nell’ortoplastica, disciplina che unisce le competenze degli ortopedici a quelle dei chirurghi plastici a vantaggio del trattamento della lesione, ricostruzione dell’osso e recupero della funzionalità dell’arto.
Manca però il luogo in cui eseguire questa chirurgia: nuove Orthoplastic Unit che, alla stregua delle Breast Unit, racchiudano gli specialisti necessari per offrire ai pazienti l’assistenza chirurgica e plastica di cui hanno bisogno.
Sul territorio oggi sono pochissimi i centri specializzati dotati di attrezzature e adeguata expertise, invece necessaria almeno nei principali ospedali italiani.

«In una Orthoplastic Unit», spiega Francesco D’Andrea, direttore del Dipartimento di Chirurgia Plastica ed Estetica del Policlinico Federico II di Napoli e presidente del congresso SICPRE, «il chirurgo ortopedico e il chirurgo plastico lavorano fianco a fianco e questo avviene soltanto in poche grandi aziende dove sono già presenti Unità di chirurgia plastica, tuttora poco diffuse.
A oggi non esiste un censimento dei centri dove sia possibile sottoporsi a ortoplastica: il nostro obiettivo è far sì che in tutto il Paese si costituisca un maggior numero di Unità multidisciplinari specialistiche dedicate a questa strategia.
Realizzando un sistema a rete sarebbe possibile pensare almeno a centri di riferimento regionali in cui sia presente una chirurgia plastica, a cui possano rivolgersi le diverse ortopedie territoriali per garantire la migliore assistenza possibile a tutti coloro che abbiano necessità di un intervento di ortoplastica».

Con un vantaggio, oltre che per la persona scongiurando esiti chirurgici devastanti, anche per il sistema e i costi assistenziali connessi a queste patologie, che comprendono la riabilitazione e la perdita di produttività che spesso si associa a un’amputazione parziale o totale in giovane età.

Francesca Morelli