Nuovi microchip per studi sull’artrite

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L’incidenza dell’artrite aumenta con l’età e, quindi, in un mondo in cui l’età media è in continua crescita, è anch’essa in aumento: basti pensare che solo in Italia si prevede un incremento di circa 1.000.000 pazienti tra il 2017 e il 2028, per arrivare a circa 11.000.000 di malati.

Ciò incide sulle casse della sanità pubblica, oltre a rappresentare un problema per i cittadini stessi. Data la natura infiammatoria e spesso degenerativa di queste condizioni, al momento non esiste una vera e propria cura e i trattamenti servono più che altro per rallentare il processo, alleviare i sintomi dolorosi e spostare in avanti nel tempo l’intervento di protesizzazione.

Il quadro peggiora chiaramente se si prende in considerazione anche l’artrite reumatoide, che comunque colpisce le articolazioni ma innescando un processo infiammatorio più forte, che colpisce le sinovie, portando a dolore, gonfiore e rigidità muscolare mattutina che dura più a lungo di quella indotta dagli altri tipi di artrite. In Italia nel 2017 i pazienti affetti da artrite reumatoide erano circa 400.000.

Il mondo della ricerca è molto attivo, anche in ambito di studi in vitro per individuare i meccanismi patologici alla base della patologia ed eventuali farmaci in grado di bloccarli.

Di recente un team austriaco ha presentato un’articolazione umana on a chip appunto, basata sulla co-cultura di due organoidi in 3D spazialmente riparati e costituiti rispettivamente di cellule sinoviali e cellule cartilaginee per capire come questi due tessuti parlino tra loro e come questa comunicazione stimoli la fisiologia articolare.

Gli autori evidenziano che il sistema è altamente riproducibile nelle forme e nella posizione degli organoidi, aspetto essenziale per un test in vitro avanzato.

Vediamo come sono stati formati gli organoidi: quello sinoviale deriva da tessuto prelevato da pazienti con artrite reumatoide, ognuno corredato delle caratteristiche del paziente quali età, sesso, sede di prelievo, diagnosi e trattamento; i condrociti invece sono stati acquistati. Entrambi i gruppi cellulari sono stati trattati nel modo adeguato e poi messi in cultura. Gli organoidi sono stati poi costruiti utilizzano un idrogel apposito.

Con lo studio, gli autori hanno anche dimostrato che una cultura di fibroblasti sinoviali espansa per creare organoidi è più precisa e riproducibile di una popolazione isolata di fresco e, quindi, anche più affidabile.

Lo stesso si può dire dei condrociti, il cui comportamento è più affidabile negli organoidi che nella mono-cultura: in sostanza, la scelta di mettere vicini due tessuti che nel corpo di fatto collaborano consente a cellule sinoviali e condrociti di mimate meglio l’attività fisiologica del corpo. Importante il medium utilizzato: gli autori sottolineano di averlo studiato con grande attenzione, osservando i mutamenti portati alla proliferazione cellulare… e ammettono che si può migliorare ulteriormente.

D’altronde, nel corpo l’articolazione presenta un suo liquido con delle caratteristiche peculiari. Ecco perché gli autori proseguiranno con gli studi su questo chip, la cui costruzione è ben descritta nel paper.

(Lo studio: Mario Rothbauer et al. Establishment of a human three-dimensional chipbased chondro-synovial coculture joint model for reciprocal cross talk studies in arthritis research. Lab on a Chip. Doi: 10.1039/d1lc00130b)

Stefania Somaré