Lavoro e disabili: la Corte di Giustizia Ue boccia l’Italia

In Italia qualcosa non funziona nelle politiche e nei servizi di inclusione. Solo il 16% (circa trecentomila) dei disabili tra 15 e 74 anni lavora, contro il 49,9% del totale della popolazione. Solo l’11% delle persone con limitazioni funzionali che lavorano ha trovato occupazione grazie a un centro pubblico per l’impiego. I disabili inattivi sono il doppio rispetto alla popolazione generale (l’81,2% contro il 45,4%). La percentuale di chi non è mai entrato nel mondo del lavoro e non cerca di entrarvi (duecentocinquantamila persone, prevalgono le donne) è molto più elevata tra chi ha limitazioni funzionali gravi (il 18,5% contro l’8,8% di chi ha limitazioni funzionali lievi). È stata la Corte di Giustizia europea a bocciare l’Italia per non aver adottato le misure necessarie per garantire l’adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro. L’invito è a rimediare al più presto. L’Italia è venuta meno agli obblighi derivanti dal diritto comunitario a causa di un recepimento incompleto e non adeguato di quanto previsto dalla direttiva del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro (la norma ha stabilito un quadro generale di riferimento anche per la lotta alla discriminazione dei disabili). Pietro Barbieri, presidente della Fish, ha accolto con favore la sentenza. «Da anni lamentiamo la carenza di politiche inclusive e di servizi efficaci. In questo periodo si discute di misure per il rilancio dell’occupazione: l’attenzione ai disabili deve essere prioritaria».