I traumi di spalla

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I traumi di spalla
Pietro Ciampi

Sono diversi per intensità e gravità i traumi di spalla che nell’atleta professionista vengono quasi sempre affrontati per via chirurgica. La via conservativa può essere, invece, la più consigliata nello sportivo occasionale o in chi ha subito il trauma per altre cause. L’impiego del tutore di spalla nel post trauma e nel post operatorio è indicato, anche se la letteratura scientifica non è concorde sul suo utilizzo.

La spalla è sicuramente tra le articolazioni più mobili del corpo umano.
Sono circa 1.800 i movimenti nello spazio che questa articolazione può compiere. Lussazioni, instabilità – congenita o a seguito di eventi traumatici – sono problematiche comuni soprattutto per lo sportivo agonista o amatoriale che praticano attività sportive overhead, vale a dire attività nelle quali il gesto atletico avviene bruscamente con la mano al di sopra del capo.

Nuoto, pallamano e tennis sono gli sport più a rischio.
La spalla, però, può subire traumi anche in seguito a impatto ad alta energia, come nell’hockey, nel football americano o nel rugby.
Se nell’atleta agonista l’indicazione è in prevalenza chirurgica, al fine di un rapido e perfetto recupero del gesto atletico, nello sportivo amatoriale e in chi pratica sport occasionalmente la via conservativa è l’indicazione più frequente. Nel post trauma il tutore di spalla svolge un’utile azione di contenimento, anche se la letteratura scientifica non sempre promuove il suo impiego.

Un’articolazione instabile e complessa

«La spalla è un’articolazione assai mobile, complessa e per natura instabile rispetto alle altre articolazioni del corpo umano», spiega il dottor Pietro Ciampi, ortopedico EUORR (Equipe Universitaria di Ortopedia Rigenerativa e Ricostruttiva) dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano (Gruppo ospedaliero San Donato).
«La stabilità di quest’articolazione non è garantita dalla componente ossea, bensì da quella molle, quindi muscoli, legamenti, capsule articolari, tendini e in particolare dalla cuffia dei rotatori.
Queste strutture agiscono sinergicamente per conferire alla spalla stabilità e garantire, nello stesso tempo, ampia motilità. Dal punto di vista epidemiologico le problematiche della spalla si verificano prevalentemente nell’attività sportiva ma anche lavorativa quando si compiono gesti “over head” portando cioè la mano oltre il capo.

Nel 97% dei casi il trauma avviene a seguito di un movimento brusco totalmente disarmonico che, reiterato nel tempo, porta a delle lesioni prevalentemente a carico della capsula articolare, dei legamenti e del capo lungo del bicipite, in minor misura alla cuffia dei rotatori. Nuoto, pallamano, tennis, sono gli sport dove l’articolazione della spalla è più a rischio rispetto ad altre strutture articolari.
L’incidenza è tra il 70-90%, segue la pallavolo con un 40-42%; il golf, sport che sta riscuotendo un successo sempre maggiore, ha un significativo 12%, poi calcio (7%) e basket (6-12%).

Comuni nell’attività sportiva, le lussazioni traumatiche della spalla, provocate cioè da una caduta o da un impatto ad alta energia, riguardano il 90-95% degli infortuni a carico di questa articolazione. Sono traumi in prevalenza dovuti a un’uscita anteriormente della testa dell’omero; meno frequente è, invece, la lussazione erecta dove la testa dell’omero si lussa inferiormente o le lussazioni posteriori».

Il post trauma

L’approccio ai traumi di spalla è in prima battuta conservativo.
«Nel caso in cui l’atleta lamenti un dolore di spalla, si predilige inizialmente un percorso riabilitativo e di riatletizzazione sport-specifico», continua Ciampi.
«Se però il problema persiste si renderà necessaria un’indagine approfondita attraverso una risonanza magnetica con mezzo di contrasto, l’unica tecnica in grado di fornire quelle informazioni necessarie per impostare un trattamento conservativo oppure chirurgico. Con la risonanza magnetica si può riscontrare un’ampia serie di lesioni da quella del cercine alla lesione dei legamenti della capsula articolare, alla lesione del capolungo del bicipite, dell’ancora bicipitale – le cosiddette lesioni SLAP che non sono altro che il distacco del bicipite dalla glena.
La RM con liquido di contrasto può evidenziare una lesione capsulare ma anche ossea, la cosiddetta lesione Bony Bankart che può essere anteriore o inferiore, la Humeral Avulsion of the Glenohumeral Ligament (HAGL) che è un distacco legamentoso non a livello della glena ma dell’omero; c’è infine la lesione di cuffia dei rotatori.
Tutta una serie di problematiche, quindi, che possono essere secondarie a un unico atto sportivo che è l’overhead. In base al tipo di problematiche emerse, verrà individuata la tecnica operatoria artroscopica specifica per ogni tipo di lesione.
Lo spazio del trattamento conservativo è purtroppo abbastanza limitato, quando parliamo dello sportivo, perché, laddove c’è una lesione, se l’obiettivo è di garantire il ripristino della performance sportiva, dobbiamo intervenire chirurgicamente. I trattamenti conservativi sono indicati in presenza di una lesione solo in soggetti che praticano lo sport molto saltuariamente, o negli atleti nel caso d’infiammazioni, tendiniti, borsiti, tendinopatie calcifiche».

L’instabilità congenita

È nella maggior parte dei casi conservativo il trattamento in seguito a un’instabilità di spalla acquisita o congenita.
«Negli atleti molto giovani che praticano un’attività sportiva agonistica capita spesso la lussazione della spalla, che non è legata tanto a un overuse, a una reiterazione del gesto atletico, quanto piuttosto a una lassità legamentosa congenita.
Questo problema negli Stati Uniti viene considerato una patologia e viene trattato chirurgicamente, mentre in Europa si punta a un approccio preventivo e conservativo.

Un percorso riabilitativo mirato che punta a un potenziamento muscolare specifico per mantenere in articolazione la testa dell’omero. Quando però, nonostante la riabilitazione, la situazione non dovesse migliorare, si effettuerà un’indagine diagnostica, una RM con liquido di contrasto, per valutare l’eventuale trattamento chirurgico, il quale consiste in un ritensionamento capsulare artroscopico per ridurre l’elasticità e l’instabilità conferendo, di contro, stabilità alla spalla».

Gli impatti ad alta energia

«Nel caso di lussazione, a seguito di una caduta o di un impatto ad alta energia, come può avvenire nel calcio o nel rugby, l’approccio prevede innanzitutto la riduzione della spalla», continua Ciampi.
«Dopodiché, attraverso una lastra di controllo, si possono valutare le effettive problematiche, come piccoli frammenti ossei o deformità della testa dell’omero, problematiche che portano sempre a ulteriori accertamenti attraverso una risonanza con mezzo di contrasto che potrà evidenziare una lesione di Hill-Sachs, una depressione corticale nella porzione posterolaterale dell’osso dell’omero, una lesione di Bankart una ferita anteriore del labbro glenoideo della spalla».

Dopo la tutorizzazione per una quindicina di giorni per la guarigione dei tessuti e la successiva riabilitazione, sarà il controllo ortopedico a stabilire la necessità o meno di un trattamento chirurgico.
«La letteratura consiglia, nel caso di un atleta agonista, l’intervento chirurgico perché le percentuali di recidive, di ulteriori lussazioni, raggiungono il 90-95%», precisa Ciampi.
«Anche nel caso di danno tendineo anziché capsulo-legamentoso, la via sarà chirurgica con la sutura delle strutture tendinee interessate. Per lo sportivo amatoriale, si può percorrere la via conservativa, ma qualora il paziente dovesse nuovamente lussarsi la spalla a breve distanza sarà consigliabile un intervento di stabilizzazione artroscopia».

Il tutore di spalla

Nel post operatorio del trattamento di spalla è indicato per le prime 3-4 settimane un tutore, il quale grazie alla sua attività contenitiva, consentirà una buona cicatrizzazione dei tessuti.
«Dopo l’intervento il paziente deve rispettare un periodo di guarigione dei tessuti molli sottoposti a operazione chirurgica.
Nel post chirurgico, sia nelle capsulo plastiche sia nelle suture di cuffia è quindi utilizzato un cuscino in abduzione di 10-15° in rotazione neutra che il paziente indosserà per quattro settimane», continua Ciampi. «Nel caso di una lussazione ridotta di spalla, invece, alcune scuole di pensiero sostengono l’utilizzo di tutori in extra rotazione – quindi di cuscini che atteggiano la spalla in extra rotazione –, altre parlano di abduzione e di rotazione neutra, altre d’intra-rotazione.
Studi recenti indicano che il tutore non sarebbe addirittura necessario al fine del corretto recupero funzionale della spalla. A parte i tempi d’immobilizzazione più lunghi della chirurgia, fondamentali per la guarigione delle strutture articolari, la spalla dovrà essere immobilizzata per il minor tempo possibile, tendendo quest’articolazione, a seguito di una prolungata immobilità, a sviluppare fenomeni di rigidità che andrebbero, quindi, a inficiare sui tempi di recupero.
Il trattamento riabilitativo che segue la fase d’immobilizzazione è suddiviso in due fasi: la prima riguarderà il recupero del movimento, la seconda, invece, la riatletizzazione con lo scopo di recuperare le performance specifiche atletiche e sportive».

Roberto Tognella