Grazie alla sinergia tra diverse équipe chirurgiche dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, per la prima volta al mondo la hip-spine syndrome, grave patologia dell’anca e della colonna vertebrale, è stata corretta in un singolo intervento mininvasivo.
Il trattamento di questa sindrome, che interessa con esito invalidante la colonna vertebrale e l’articolazione dell’anca quando affette da un processo degenerativo, consiste normalmente in un doppio intervento chirurgico, che si esegue in tempi diversi. Questo iter può essere lungo e impegnativo per il paziente, che vede un significativo miglioramento della sua condizione solo al completamento del secondo intervento e dopo due anestesie e due ricoveri ospedalieri.
Il professor Giuseppe Peretti, responsabile dell’équipe universitaria di Ortopedia Rigenerativa e Ricostruttiva e direttore della Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università degli Studi di Milano, insieme al dottor Roberto Bassani, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Vertebrale II, e al dottor Paolo Sirtori, chirurgo dell’anca dell’équipe universitaria di Ortopedia Rigenerativa e Ricostruttiva, supportati dal Servizio di Anestesia e Rianimazione diretto dal dottor Paolo Perazzo, hanno ipotizzato che si potesse affrontare la patologia in un’unica seduta operatoria con tecniche chirurgiche mininvasive e un’anestesia dedicata.
«I due interventi si influenzano tra loro, poiché parliamo di distretti che sono fortemente collegati e si condizionano a vicenda. Infatti, il dolore primario alla schiena lamentato dal paziente aveva come concausa la coxartrosi: alla degenerazione discale corrispondeva l’usura dell’anca. Da qui, l’intuizione di tentare un approccio combinato che non ha precedenti in letteratura», afferma il professor Peretti.
Dopo un accurato studio del caso, il paziente (uomo di 48 anni) è stato sottoposto alla sostituzione di un disco vertebrale gravemente degenerato con approccio per via anteriore mininvasivo (ALIF), al fine di rimuovere la causa meccanica del dolore e ripristinare la naturale curva del rachide, a cui è immediatamente seguita la ricostruzione dell’articolazione dell’anca, anch’essa gravemente degenerata, sempre con approccio per via anteriore mininvasivo (AMIS).
«Nel caso della colonna, si trattava di un intervento di revisione, poiché il paziente si era già sottoposto in un’altra struttura alla medesima procedura con approccio tradizionale posteriore, ma senza raggiungere il risultato atteso», precisa il dottor Bassani. «L’intervento ha avuto una durata complessiva di due ore ed è stato eseguito in anestesia spinale, con sedazione. Il paziente è stato sempre mantenuto in posizione supina e gli accessi chirurgici sono stati eseguiti con due piccole incisioni su addome e coscia. Le tecniche mininvasive che sfruttano la via anteriore sono del tutto “anatomiche” e hanno il grande vantaggio di non danneggiare la muscolatura, salvaguardando i tessuti e limitando le perdite ematiche, riducendo o annullando la possibilità di ricorrere a trasfusioni».
«Questi approcci combinati a rachide e anca consentono una ripresa funzionale estremamente rapida, poiché non è necessario un percorso riabilitativo. Il paziente a sole 6 ore dall’intervento si è alzato autonomamente dal letto senza stampelle né drenaggi. In poche settimane potrà tornare alla routine lavorativa», conclude il dottor Sirtori.
Questa opportunità ha grandi vantaggi per il paziente, che affronta un solo intervento con tempi chirurgici ridotti e una sola anestesia; limitati anche i rischi potenziali legati all’ospedalizzazione prolungata, poiché la dimissione avviene nell’arco di 72 ore.
«In questo momento di emergenza Covid è ancora più importante trattenere i pazienti in ospedale solo il tempo necessario, rimandandoli al domicilio in sicurezza e in una condizione di autonomia», concludono gli specialisti del Galeazzi. «Il nostro obiettivo ora è rendere questa prima esperienza un modello riproducibile e standardizzato per tutti i nostri pazienti affetti da hip-spine syndrome».