Gonartrosi, differenze di gestione nel mondo

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Uno studio epidemiologico giapponese conferma che negli ultimi trent’anni l’incidenza di artrosi nella popolazione mondiale è cresciuta del 113.25%, mentre i tassi di prevalenza standardizzati per età sono cresciuti dello 0,12% l’anno tra il 1990 e il 2019, passando da 6.173,38 a 6.348,25 per 100.000.
Il lavoro conferma anche che la prevalenza aumenta di pari passo con l’età e che il genere femminile è più predisposto allo sviluppo di questa patologia rispetto al genere maschile.

La forma di artrosi più diffusa è quella a carico del ginocchio (gonartrosi) che, a differenza di quella a carico dell’anca (coxartrosi), può interessare anche soggetti adulti non anziani e giovani adulti, rappresentando un serio problema di sanità globale.

Procedere con la sostituzione dell’articolazione troppo presto espone il paziente al rischio di doversi sottoporre a revisione della protesi, sempre associata a un maggiore tasso di complicanze.

Se si osservano i tassi di incidenza dell’artroplastica nel mondo si nota che questi possono essere anche molto differenti tra loro.

Uno studio pubblicato su BMC Musculoskeletal Disorders ha cercato di capire i motivi di queste differenze, prendendo in considerazione tre aree geografiche: Giappone, Usa ed Europa, in quest’ultimo caso concentrandosi nello specifico su Francia, Spagna, Italia, Germania e Regno Unito.

Per dare un quadro di partenza, in Giappone si tende a trattare per via conservativa il 90% dei soggetti con gonartrosi, come dimostra il tasso di artroplastica annuo, pari a 65/100.000.
Al contrario, Francia, Germania e Italia nel 2017 hanno avuto tassi doppi rispetto agli altri Paesi considerati.
Gli autori si sono domandati se a guidare queste differenze sia il timore dei pazienti a sottoporsi a intervento.
Per rispondere a questa domanda sono stati interpellati 729 medici, in parte medici di base, in parte reumatologi e chirurghi ortopedici. A tutti è stato chiesto di fornire dati su pazienti con gonartrosi, di chiedere agli stessi di compilare un questionario e di rispondere personalmente ad alcune domande.

In tutto si sono resi disponibili 1243 pazienti, ognuno dei quali ha espresso il proprio giudizio sull’intervento chirurgico.

Si è cosi scoperto che i pazienti giapponesi sono molto più timorosi di quelli statunitensi ed europei all’idea di sottoporsi ad artroplastica, che le donne generalmente sono più preoccupare degli uomini e che, inaspettatamente, chi ha una artrosi grave tende a ritardare l’intervento più di chi ha una artrosi moderata.
I diversi tassi di protesizzazione, quindi, sono in parte legati alle scelte dei pazienti. Quando si decide per l’intervento, i fattori determinanti la scelta sono la mancanza di mobilità e il dolore a riposo, l’inefficacia delle terapie farmacologiche, il grado di danno articolare e la richiesta del paziente.

Quest’ultimo fattore ha un peso importante soprattutto in Giappone. Diverse anche le tipologie di interventi più utilizzate per trattare la degenerazione cartilaginea. In Giappone una volta che si decide si effettua quasi sempre una artroplastica totale, mentre in Usa ed Europa si opziona anche per altre vie chirurgiche, come il debridement in artroscopia, in grado di fornire un lieve miglioramento del sintomo doloroso e di spostare in avanti il momento dell’impianto protesico.

Una volta completato l’intervento, i pazienti europei e statunitensi si ritengono soddisfatti se sentono meno dolore rispetto a prima, mentre i giapponesi vogliono l’eliminazione totale del dolore. Interessante sottolineare che, per la maggior parte dei medici coinvolti, il successo terapeutico è determinato dal recupero funzionale.
Lo studio porta quindi in evidenza l’esistenza di differenze per lo più culturali che caratterizzano il rapporto con l’artrosi e il suo trattamento.

(Lo studio: Fukui, N., Conaghan, P., Togo, K. et al. Physician and patient perceptions of surgical procedures for osteoarthritis of the knee in the United States, Europe, and Japan: results of a real-world study. BMC Musculoskelet Disord 23, 1065 (2022). https://doi.org/10.1186/s12891-022-05954-x)

Stefania Somaré