Il tasso di revisione è più basso se si usano viti cannulate percutanee o se si applica il sistema FNS? Dipende dalla riduzione effettuata.
Si è soliti associare le fratture del collo del femore agli anziani, in quanto soggetti più a rischio. Tuttavia, un impatto ad alta energia può determinare la frattura del collo del femore anche in soggetti under 65: si tratta di pochi casi (tra i 4 e i 72 ogni 100 mila abitanti) ma il loro impatto è comunque importante. Anche considerando l’incidenza più bassa, al momento attuale significherebbe, per l’Italia, quasi 2400 casi l’anno.
Questi pazienti, se non trattati correttamente, rischiano di incorrere in problematiche del passo anche importanti. A meno di casi particolari, il gold standard per le fratture del collo del femore in pazienti under 65 è l’osteosintesi, effettuata con chiodi o placche.
La procedura ritenuta migliore è quella che utilizza viti cannulate in acciaio, inserite con tecnica percutanea: c’è però chi ritiene che il buon esito di questa tecnica dipenda in gran parte dalla bravura del chirurgo, il che renderebbe il procedimento soggettivo. Inoltre, questo intervento si associa a un alto tasso di revisione che mette a rischio il paziente e in difficoltà la sostenibilità dei sistemi sanitari.
Confronto tra viti cannulate percutanee e sistema FNS
Uno studio retrospettivo cinese, condotto nella regione del delta del fiume Yangtze, mette a confronto gli esiti ottenuti con una osteosintesi con viti cannulate percutanee con una effettuata con il sistema del collo del femore (FNS), ideato per il fissaggio e la stabilizzazione temporanea delle ossa del collo femorale.
Da sottolineare che, come dichiarato dagli stessi autori, in Cina la procedura con viti cannulate viene utilizzata anche per fratture di tipo Garden III e IV. Inoltre, la regione coinvolta nello studio ha una popolazione di 170 milioni di abitanti, dovendosi quindi confrontare annualmente con quasi 20 mila fratture di femore dell’adulto.
Le due tecniche hanno tassi di revisione simili
Condotto in un ospedale di primo livello, il Qingpu Branch del Zhongshan Hospital affiliato alla Fudan University di Shanghai, lo studio arruola 141 pazienti di età media 52 anni. Per quanto riguarda la classificazione delle fratture, 84 sono Garden III e 57 Garden IV. In media il tempo intercorso tra la frattura e l’intervento è stato di 2,2 giorni.
Infine, 76 casi sono stati trattati con le viti cannulate percutanee, mentre 65 casi con il sistema FNS. Gli autori hanno anche valutato l’esito dell’osteosintesi, considerato buono in 71 casi e meno buono in 70: c’è quindi un 50% di probabilità di successo.
Non solo. Al termine del follow-up medio, durato poco più di due anni, ben 26 pazienti hanno necessitato di una revisione: in 10 casi l’impianto è fallito e si è proceduti a inserire una protesi di anca; in 6 casi si è inserita una protesi per necrosi avascolare e dolore insopportabile; negli ultimi 10 casi si sono dovute rimuovere le viti per accorciamento del collo del femore e infiammazione della parte.
Quale tra i due sistemi presi in considerazione offre maggiori possibilità di riuscita? La risposta purtroppo non è definitiva, dato che il tasso di revisione totale individuato per i due gruppo di pazienti è simile.
Gli autori hanno osservato che, in caso d’intervento di osteosintesi ben riuscito, il tasso di revisione è maggiore nei pazienti trattati con le viti cannulate percutanee, ma in presenza di interventi discreti i tassi di revisione si equivalgono.
Lo studio: Zhai, Q., Wang, F., He, X. et al. Revision rate of displaced femoral neck fractures in non-elderly adults: a retrospective comparative study of the femoral neck system and cannulated screws. J Orthop Surg Res 19, 571 (2024). https://doi.org/10.1186/s13018-024-05056-5