La protesi di mano a controllo magnetico della Scuola Sant’Anna di Pisa

(immagine cortesia: Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa)

Niente fili e connessioni elettriche: il dispositivo viene controllato da magneti inseriti nei muscoli dell’avambraccio.

L’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è da anni impegnata nello sviluppo di prototipi di protesi di mano, avendo prodotto sistemi sempre più innovativi e capaci di sostituire l’arto nativo da tanti punti di vista, concentrandosi soprattutto sull’interfaccia protesi/paziente.

L’ultimo prototipo realizzato dal team, che è coordinato dal professor Christian Cipriani, è unico al mondo, perché introduce un controllo completamente nuovo, di tipo magnetico, che consente di eliminare fili e connessioni elettriche. Per ottenere questo interfaccia occorre impiantare dei piccoli magneti che decodificano le intenzioni motorie del soggetto nei muscoli dell’avambraccio. Il sistema consente di effettuare anche movimenti fini, come usare un cacciavite o raccogliere una monetina da terra.

Il dispositivo è già stato sperimentato con successo sul primo paziente, il che permette di pensare ora a una sperimentazione più ampia. La sperimentazione è pubblicata sulla rivista Science Robotics.

Christian Cipriani mostra tutta la sua soddisfazione: “questo risultato corona un percorso di ricerca lungo decenni. Siamo finalmente riusciti a sviluppare una protesi funzionale alle esigenze di una persona che ha perso una mano”.

Il primo prototipo

La nuova protesi è stata sviluppata all’interno del progetto MYKI, finanziato dalla Commissione Europea. Come funziona questo controllo miocinetico? Alla base c’è la naturale capacità dei magneti di sviluppare un campo che può essere tracciato nello spazio: così, quando il muscolo dell’avambraccio si muove, anche il magnete si muove e uno speciale algoritmo traduce questo cambiamento in un comando specifico per la mano robotica.

Dietro al successo dell’impianto sta un grande lavoro, necessario per identificare chi può godere della protesi, i muscoli residui che si possono usare e così via. Importante è che il soggetto riesca ancora a percepire la presenza della mano. Il primo paziente ad aver beneficiato della nuova protesi è Daniel, 34 anni, che nel 2022 ha perso la mano sinistra. Il percorso è iniziato con un intervento di impianto di sei magneti nell’aprile 2023, presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana).

Spiega il dott. Lorenzo Andreani dell’Unità operativa Ortopedia e Traumatologia 2 dell’ospedale pisano: “una delle sfide più complesse è stata l’identificazione dei muscoli residui nella zona dell’amputazione, selezionati con precisione tramite le immagini della risonanza magnetica e dell’elettromiografia preoperatorie, anche se poi le condizioni effettive del tessuto a causa di cicatrizzazioni e fibrosi hanno richiesto un adattamento intraoperatorio. Nonostante queste difficoltà, siamo riusciti a completare l’impianto e a stabilire le connessioni: un successo impossibile senza la collaborazione di un team eccezionale e multidisciplinare che ringrazio, medici, infermieri, tecnici e tutte le altre figure di supporto, che hanno lavorato con dedizione e professionalità, contribuendo in modo decisivo al buon esito dell’operazione, che rappresenta un importante passo avanti nella ricerca medica”.

Dopo una settimana dall’impianto, Daniel ha indossato la mano robotica per la prima volta, ovvero una Mia-Hand dello spin-off Prensilia, modificata con un invaso in fibra di carbonio atto a contenere il sistema elettronico che localizza lo spostamento dei magneti.

I risultati della sperimentazione

In sei settimane di sperimentazione, Daniel è riuscito a controllare bene le dita della mano robotica, eseguendo movimenti tipici del quotidiano, dal chiudere una cerniera all’usare un coltello, dall’aprire un barattolo a impugnare un cacciavite. Non solo! È riuscito anche a dosare la forza di presa quando ha dovuto afferrare oggetti fragili.

Marta Gherardini, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna e prima autrice dello studio, conclude: “vedere realizzato in questo studio il lavoro di anni di ricerca è stata una grande emozione. Lavorare insieme a Daniel ha concretizzato nel nostro gruppo la consapevolezza che possiamo fare molto per migliorare la sua vita e quella di molte altre persone. È questa la più grande motivazione che ci spinge a continuare il nostro lavoro e a fare sempre meglio”.

Il team, come accennato in apertura, è ora pronto a estendere questi risultati a una casistica più ampia di pazienti amputati: per questo il lavoro sul nuovo impianto prosegue.

Lo studio: Marta Gherardini et al. ,Restoration of grasping in an upper limb amputee using the myokinetic prosthesis with implanted magnets.Sci. Robot.9,eadp3260(2024).DOI:10.1126/scirobotics.adp3260