Un team di ricerca canadese si è chiesto se il frequente insuccesso nel trattamento del dolore alla spalla sia legato a carenze formative tra i fisioterapisti e i medici di famiglia e alla loro difficoltà nel mettere in pratica azioni evidence based.
È stata quindi avviata un’indagine nella provincia del Quebec indirizzata agli iscritti all’Ordine professionale di fisioterapia del Quebec e ai medici di base iscritti alla newsletter del network Réseau-1 Quebec. La risposta è stata bassa: ha iniziato la survey solo il 3% dei fisioterapisti interpellati, per un totale di 220 professionisti, e il 2% dei medici di famiglia, per un totale di 93. Hanno concluso il format 146 fisioterapisti e 74 medici.
Il questionario inviato era basato su quattro vignette, ognuna riferita a un diverso tipo di dolore di spalla: tendinopatia alla cuffia dei rotatori, capsulite adesiva, instabilità traumatica anteriore glenomerale e lacerazione RC acuta a tutto spessore.
Al partecipante è stato chiesto di associare ogni vignetta a una delle quattro cause di dolore, di dire se avrebbe richiesto esami di imaging e analisi del sangue, dandone motivazione, e se avrebbe inviato il paziente da un altro specialista di patologie muscoloscheletriche.
La survey ha chiesto inoltre di selezionare il trattamento farmacologico che ogni partecipante avrebbe prescritto o raccomandato ai quattro pazienti, scegliendo tra antinfiammatori non steroidei orali, oppiacei, acetaminofene, infiltrazioni di corticosteroidi, distensione artrografica o altro.
Per concludere, i partecipanti dovevano indicare per ogni condizione clinica quale percorso riabilitativo avrebbero prescritto e il proprio livello di sicurezza.
Una volta analizzati i dati, gli autori si accorgono che i fisioterapisti sono più abili dei medici di famiglia nel fare una diagnosi appropriata e prescrivere il percorso terapeutico più efficace.
Il medico di famiglia è comunque capace di stabilire quali indagini prescrivere e a quale specialista inviare il proprio assistito. Questa situazione è probabilmente collegata al peso dato alle patologie muscoloscheletriche nei due diversi percorsi di formazione: oltre 1/3 negli studi di fisioterapia e a malapena il 3% in quelli di medicina.
Ciò rende i fisioterapisti più sicuri di sé nel trattare pazienti con male alla spalla. Altra differenza sostanziale tra i due gruppi di professionisti riguarda la richiesta di indagini per confermare la diagnosi: i medici ne hanno richieste molto di più, spesso suggerendo esami di imaging in situazioni cliniche che invece non li necessitano.
Sembra che questo sia un atteggiamento comune e risponda al dubbio del medico che il paziente abbia in realtà una malattia seria da scovare. D’altra parte, i fisioterapisti richiedono più di rado un consulto chirurgico rispetto ai medici, cadendo così spesso in un errore: ci sono condizioni della spalla che richiedono infatti di un intervento chirurgico per essere davvero risolte.
Nel complesso, si può dire che entrambe le figure professionali devono stare più attente a seguire le raccomandazioni che vengono fatte in merito al dolore di spalla, seguendone l’evoluzione nel tempo. Per esempio, i fisioterapisti dovrebbero migliorare nella prescrizione di esercizi riabilitativi, evitando di prescrivere elettroterapia e termoterapia. Solo in questo modo si può razionalizzare l’uso delle risorse sanitarie, ottenendo al contempo esiti migliori per i pazienti.
(Lo studio: Lowry, V., Lavigne, P., Zidarov, D. et al. Knowledge and appropriateness of care of family physicians and physiotherapists in the management of shoulder pain: a survey study in the province of Quebec, Canada. BMC Prim. Care 24, 49 (2023). https://doi.org/10.1186/s12875-023-01999-6)