Una revisione della letteratura conferma la validità e la adattabilità della realtà virtuale come strumento di gestione d’interventi sul dolore cronico. Servono, però, ulteriori studi.
A livello mondiale, il motivo principale per cui ci si rivolge a un medico è il dolore, soprattutto se cronico. Secondo alcune stime, il dolore cronico colpirebbe 1 persona su 5, quindi il 20% della popolazione mondiale. Secondo altre i numeri sarebbero addirittura più alti, arrivando al 30%.
Di fatto, si tratta di milioni di persone che convivono quotidianamente con il dolore, spesso pensando che sia normale data l’età. Il dolore porta con sé una serie di conseguenze, come allontanamento dalla società, minor movimento, perdita di autonomia: per questo va trattato, ed è possibile farlo.
Negli ultimi anni si è molto indagato l’uso della realtà virtuale come strumento di gestione e somministrazione di programmi terapeutici atti a ridurre il dolore. Ora una revisione svizzera, pubblicata su Virtual Reality, valuta la qualità di questi interventi. Partendo da 451 studi in lingua inglese, gli autori sono arrivati a selezionarne 17 da includere nella revisione.
Molta la variabilità
I primi aspetti che gli autori si sono trovati ad affrontare sono la variabilità e l’eterogeneità degli studi selezionati. Varia la tipologia di dolore cronico preso in considerazione, anche se molti lavori fanno riferimento al mal di schiena lombare o ad altre forme di dolore muscoloscheletrico, anche se, in alcuni studi, il dolore considerato è di natura neuropatica o infiammatoria.
Diversi anche gli strumenti utilizzati per la realtà virtuale: si passa da display montati sulla testa a sistemi misti, con anche tecnologia 3D come gli occhiali 3D e altro ancora. In alcuni casi, poi, per rendere più immersiva l’esperienza, si sono usati anche dispositivi audio.
Diverse anche le modalità di intervento somministrate. In questo caso, gli autori hanno individuato tre diversi approcci: riabilitativo, basato su esercizi e attività fisica; rieducativo, con l’uso della terapia cognitiva comportamentale e strumenti quali la mindfulness, la meditazione e così via; tecniche di distrazione, come rilassamento, meditazione e ancora mindfulness.
Data la grande variabilità, gli autori hanno trovato difficoltà a fare una analisi complessiva e si sono concentrati su gruppi di studi per cercare effetti condivisi. Ecco quali sono le considerazioni finali.
La realtà virtuale potenzialmente utile
Nella maggior parte degli studi inclusi l’uso della realtà virtuale porta a una riduzione del dolore, in misura maggiore o quantomeno uguale agli approcci più tradizionali.
Ciò significa che questo strumento è valido e può essere usato per offrire percorsi domiciliari ai pazienti che li preferissero. Qual è la tecnologia migliore? Secondo alcuni studi, la realtà virtuale ad alta tecnologia permette di ottenere una maggiore riduzione del dolore rispetto a quella a bassa tecnologia, ma la verità è che ci sono lavori che dicono il contrario.
Quindi? Probabilmente, occorre tenere in considerazione il paziente, le sue caratteristiche, le esigenze e così via, per individuare il miglior percorso possibile. Certo è che la realtà virtuale a bassa tecnologia è più accessibile e consente di portare gli interventi direttamente al domicilio del paziente. Ancora una volta, viene richiesto dagli autori di continuare con la ricerca in questo settore, meglio se con studi di alta qualità.
Lo studio: Giacomelli, L., Martin Sölch, C. & Ledermann, K. The effect of virtual reality interventions on reducing pain intensity in chronic pain patients: a systematic review. Virtual Reality 28, 126 (2024). https://doi.org/10.1007/s10055-024-00994-1