L’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, dispone che «alle persone detentrici del contrassegno di cui all’art. 12 viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta». Ne deriva che «il contrassegno invalidi non autorizza alla sosta nei luoghi dove il veicolo reca intralcio o pericolo per la circolazione, e cioè nei seguenti casi: dove vige il divieto di sosta con rimozione forzata; dove vige il divieto di fermata; in corrispondenza di passo carrabile, attraversamenti pedonali e ciclabili, ponti, dossi, cavalcavia, strettoie, passaggi a livello, gallerie, segnaletica verticale occultandone la vista, aree di fermata bus, corsie di scorrimento dei mezzi di trasporto pubblico; in corrispondenza o in prossimità delle intersezioni; in seconda fila, sui marciapiedi, sulle piste ciclabili, contro il senso di marcia; nelle aree riservate ai mezzi di soccorso e di polizia; e così via». A tale proposito però, una recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, la n. 5588/13, ritiene prioritaria “l’applicazione dell’ordinanza sindacale che vieta la sosta ai veicoli che espongono il contrassegno disabili, anche senza un richiamo specifico alla eccezionale situazione di grave intralcio al traffico. Più precisamente, la Suprema Corte ha disposto che le valutazioni e le scelte del Comune sono ampiamente discrezionali, e non possono essere oggetto di disapplicazione da parte del giudice ordinario”.