Il dito a scatto, o trigger finger, può colpire tutte le dita della mano, ma si presenta soprattutto a livello di pollice e anulare. Causato da una tenosinovite stenosante dei flessori delle dita, presenta un picco d’incidenza prima degli 8 anni d’età e un secondo tra i 40 e i 60 anni.
Nel primo caso si parla didito a scatto congenito, mentre nel secondo di una patologia associata per lo più a overuse. In quest’ultimo caso, molto più diffuso, sono le donne le più colpite.

Esiste poi una connessione, soprattutto nell’adulto, tra dito a scatto e patologie metaboliche, diabete in prima fila. Le modalità di intervento su un adulto con dito a scatto devono essere valutate caso per caso, ma generalmente si lavora con antinfiammatori, esercizi di stretching, terapia manuale e uso di uno splint notturno.

Un recente studio turco (Treatment of trigger finger with metacarpophalangeal joint blocking orthosis vs relative motion extension orthosis: A randomized clinical trial) mette a confronto due differenti tutori per individuare il più efficace nel ridurre il dolore che sempre si associa al dito a scatto: un tutore tradizionale, che blocca completamente l’articolazione (MCPJ-BO), e un altro di più recente introduzione, che consente invece una relativa estensione del dito (RME-O). I ricercatori afferiscono a due diverse Università, la Hacettepe University di Ankara e l’Istanbul Medipol University.

I risultati dello studio

50 i partecipanti, tutti più o meno cinquantenni, con dito a scatto allo stadio 1-3 A1 secondo Froimson: 15 sono stati assegnati al gruppo di studio e altri 15 a quello di controllo. L’iter riabilitativo prevedeva, per tutti, un indossamento del tutore full time, per sei settimane, affiancato a esercizi di scivolamento dei tendini flessori, modificazione delle attività giornaliere ed educazione sanitaria. La qualità dei due tutori è stata valutata con una serie di indici e scale, misurati prima e dopo l’intervento: scala numerica di valutazione del dolore, questionario “Disability of the Arm, Shoulder, and Hand” (DASH) e questionario “Quebec User Evaluation of Satisfaction with Assistive Technology” (QUEST).

Dal punto di vista statistico, gli autori hanno utilizzato il Mann-Whitney U test per individuare e valorizzare le differenze tra i due gruppi. Il confronto tra i due gruppi evidenzia una netta superiorità del tutore tradizionale, capace di ridurre maggiormente il dolore rispetto a quello più innovativo, incidendo positivamente anche sulla funzionalità della mano. Conferma questo dato anche il tasso di successo dei due tutori, pari al 60% per il MCPJ-BO e al 27% per il RME-O. Si specifica che, prima dell’intervento, i pazienti presentavano indici molto simili tra loro.

Lo studio andrebbe ripetuto su un numero maggiore di pazienti, ma questi primi risultati sono abbastanza chiari. Certo, anche il tutore di nuova generazione riesce a ridurre il dolore del paziente, ma in modo decisamente inferiore. Lo studio è pubblicato su Journal of Hand Therapy.

Studio: Yendi B, Atilgan E, Namaldi S, Kuru CA. Treatment of trigger finger with metacarpophalangeal joint blocking orthosis vs relative motion extension orthosis: A randomized clinical trial. J Hand Ther. 2024 Jan 31:S0894-1130(23)00169-2.