Secondo il Registro Italiano Protesi (RIAP) del 2022 in Italia tra 2007 e 2021 sono state effettuate 5637 protesi di spalla, in oltre il 90% dei casi con protesi inverse. Rispetto a una protesi anatomica, infatti, quella inversa è indicata in presenza di artrosi di spalla associata a rottura dei tendini della cuffia dei rotatori, di fratture complesse di spalla associate a rottura dei tendini e di una cuffia dei rotatori completamente lesionata.

Inoltre, si procede a sostituire con una protesi inversa protesi anatomiche precedentemente impiantate e che non abbiano avuto successo, quindi in interventi di revisione. Dopo un intervento protesico alla spalla i pazienti possono praticare tutti gli sport, purché a basso impatto, compreso ciclismo su strada, danza e nuoto.

Un recente studio svizzero (Reversed total shoulder arthroplasty for rotator cuff arthropathy is associated with increased scapulothoracic motion: A longitudinal two-year kinematic study), pubblicato su BMC Musculoskeletal Disorders, valuta l’effetto dell’intervento di protesi inversa sul movimento della muscolatura scapolotoracica (ST). Questa è, infatti, coinvolta nell’elevazione dell’arto superiore insieme alla muscolatura glomerulare (GH), ma è poco studiata perchĂ© piĂą difficile da visualizzare con l’analisi del movimento.

Allo studio hanno partecipato tre diversi ospedali: il Children’s Hospital of Eastern Switzerland di St. Gallen, il Kantonsspital di St. Gallen e l’Hospital Wil. Vediamo che risultati hanno ottenuto.

Motion Capture di spalla fino a 24 mesi

Il team ha seguito 20 pazienti, per un totale di 20 spalle, per 2 anni di follow up, valutando il movimento di spalla con la tecnologia del Motion Capture a cadenza regolare, ovvero a 3, 6, 12 e 24 mesi. La condizione delle spalle sottoposte a impianto prima della procedura era la seguente, secondo la classificazione di Hamada: il 32% era classificata di grado I, il 27% di grado II, il 9% di grado IVa, il 18% di grado IVb e il 14% di grado V.

Se si pensa all’elevazione della spalla, prima dell’intervento questa era mediamente di 89 ± 33°, a fronte di un’elevazione fisiologica media di 174±7°. Dopo l’intervento la capacitĂ  di alzare l’arto operato è aumentata nel tempo, passando da 135 ± 28° a 3 mesi a 165 ± 19° a 24. Ma qual è il contributo che i due comparti muscolari sopra citati danno a questo esito? Per capirlo vediamo come sono andate le analisi di movimento, sottolineando che non tutti i soggetti hanno partecipato a tutte le valutazioni e che, anzi, il numero è calato del tempo, arrivando a soli 13 ai 24 mesi.

Il ritmo scapolomerale

Quando eleviamo il braccio la muscolatura ST e quella GH si alternano, la prima producendo rotazioni e la seconda sollevando la spalla. Questa collaborazione presenta un ritmo ben definito, detto scapolmerale, che vede i muscoli GH essere predominanti nei primi 50° e negli ultimi 50°; in mezzo a lavorare sono quelli ST. Nei pazienti operati si osserva qualcosa di simile.

Prima dell’intervento i GH contribuiscono all’elevazione soprattutto tra i 5–27°, mentre quelli ST intervengono tra i 48–66°. Dopo l’intervento, i rapporti cambiano: a 24 mesi, i GH lavorano tra i 14° e i 31°, mentre gli ST tra i 72 e i 104°. Successivamente si torna ad avere il contributo dei GH, fino ai 150°.

L’intervento ristabilisce le tre fasi fisiologiche. Si vede, inoltre, che il contributo dei muscolo ST aumenta nel tempo. Secondo gli autori questo indica la necessitĂ  di concentrare l’esercizio riabilitativo anche sul comparto ST, magari focalizzandosi sulla parte anteriore del deltoide. Queste indicazioni potrebbero supportare cambiamenti nei protocolli riabilitativi che, a loro volta, potrebbero portare a esiti migliori nel post-operatorio. 

Studio: Alexander N, Zdravkovic V, Spross C, Olach M, Jost B. Reversed total shoulder arthroplasty for rotator cuff arthropathy is associated with increased scapulothoracic motion: A longitudinal two-year kinematic study. Gait Posture. 2024 Jan 12;109:34-40.