Artrosi, SIOT sottolinea il ruolo dell’ortobiologia

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Ridurre la sintomatologia dolorosa e l’infiammazione e rallentare il processo degenerativo delle cartilagini per spostare in avanti nel tempo il momento dell’intervento è possibile grazie a diversi tipi di infiltrazione.

Da qualche anno in ortopedia si sta studiando il potenziale di derivati umani nel trattare patologie degenerative di carattere infiammatorio, come è il caso dell’artrosi, così come lesioni, come quelle tendinee. Tanti gli studi presenti in letteratura. Obiettivo, rafforzare il ruolo dei trattamenti conservativi, rendendoli capaci di rallentare la progressione di malattia e di ridurre la sintomatologia dolorosa, quella che maggiormente impatta sulla vita dei pazienti. Alternativamente, gli stessi preparati possono supportare la guarigione nella fase post-operatoria. Alla base dell’ortobiologia c’è la certezza che il corpo, in condizioni ideali, possiede un forte potere di auto-guarigione, potere che può essere risvegliato e sostenuto dall’esterno.

Rallentare è meglio che operare…

Oggi, in Italia si contano almeno 4 milioni di persone con qualche forma di artrosi. Comunemente associata all’invecchiamento, l’artrosi purtroppo oggi colpisce anche fasce più giovani della società; la causa è sempre un eccessivo carico articolare, dato da inattività e sovrappeso così come da un’intensità eccessiva di allenamento. Per conservarsi sane il più a lungo possibile le articolazioni necessitano infatti di una giusta dose di attività fisica, ma questa non deve essere esagerata. Intervenire chirurgicamente in soggetti troppo giovani è sconveniente: le protesi oggi disponibili in commercio hanno una emivita di una ventina di anni, dopo i quali devono essere sottoposte a revisione o sostituite; impiantarle prematuramente significa quindi mettere in conto almeno un secondo intervento di protesizzazione.

Non solo. L’intervento di artroplastica non sempre porta gli esiti desiderati e non pochi pazienti continuano a lamentare dolore anche in seguito. Meglio, quindi, giocare di prevenzione, supportando una cultura dell’attività fisica moderata e costante e puntando su una alimentazione sana e che apporti la giusta quantità di calcio. Qualora vi siano già segni di artrosi da lieve a moderata, invece, si può intervenire per rallentarne la progressione.

Conferma Alberto Momoli, presidente della SIOT: «per il trattamento dell’artrosi si sono aperte nuove strade per cure più conservative e, grazie alle tecniche di ortobiologia, siamo entrati in una nuova era in ambito ortopedico.
Questo tipo di procedure riguarda però le fasi iniziali dell’artrosi, i gradi 2 e 3. Mentre se l’artrosi è di quarto grado non ci sono alternative all’intervento chirurgico. È fondamentale l’intervento precoce».

PRP e Mesenchimali: quando usarle

Infiltrazioni di antinfiammatori locali e acido ialuronico sono riconosciute da tempo come trattamenti efficaci contro il dolore articolare. Allo stesso modo, la Letteratura conferma anche l’utilità di infiltrazione con le PRP, plasma arricchito di piastrine, soprattutto per l’articolazione del ginocchio. Quindi, qualora l’acido ialuronico non apporti benefici, si può procedere con la prescrizione delle infiltrazioni con PRP. La procedura è stata riconosciuta come efficace anche nelle lesioni dei tendini di spalla. L’altra possibilità offerta dall’ortobiologia è l’uso di cellule mesenchimali prelevate dal tessuto adiposo: anche in questo caso la Letteratura sta fornendo esiti positivi.

Spiega Momoli: «si tratta di una procedura più complessa rispetto a quella prevista dalla cura con il PRP, ma si svolge anch’essa in regime ambulatoriale».
In questo caso, però, non è possibili agire in un’unica soluzione, ma occorre prima prelevare il tessuto adiposo dal paziente per poi processarlo in modo adeguato in Camere Bianche. Solo successivamente il paziente potrà tornare in ospedale e ricevere l’infiltrazione.

Va da sé che si tratta di un intervento anche più costoso per il SSN e deve essere prescritto solo quando effettivamente necessario. Momoli ricorda che le cellule mesenchimali a oggi si sono dimostrate molto utili per l’artrosi di ginocchio e molto meno per quella d’anca. Il presidente SIOT sottolinea inoltre l’importanza di rivolgersi sempre a centri esperti per effettuare queste infiltrazioni.