Artrosi patello-femorale, quali possibilità di intervento?

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L’artrosi di ginocchio può interessare compartimenti differenti dell’articolazione, come per esempio la parte rotuleo-femorale. In questo caso, il dolore percepito dal paziente è localizzato nella parte anteriore del ginocchio e coinvolge anche la patella.
Si tratta della forma di artrosi di ginocchio più diffusa (interessa circa l’88% dei casi) e ha una certa incidenza anche sui giovani adulti.

Una delle cause di questa forma di artrosi è la sindrome patello-femorale, condizione nella quale la rotula è lassa e durante il movimento tende a sfregare contro le pareti laterali, non solo provocando dolore ma anche rovinando nel tempo la cartilagine, aprendo quindi la strada all’artrosi in quest’area del ginocchio.
Interessante notare che la prevalenza di questa sindrome tra i giovani atleti è del 29%: questi potrebbero divenire tutti, nel tempo, pazienti con artrosi patello-femorale.

Una review condotta dal Dipartimento di Chirurgia Ortopedica della Divisione di Medicina Fisica e Riabilitazione della Stanford University ha cercato di trarre le fila rispetto alle possibilità di trattamento a oggi esistenti per questa forma di artrosi, le cui cause principali sono, oltre alla già nominata sindrome, lesioni a strutture di supporto alla rotula, come il legamento patello-femorale mediale, disfunzioni del tendine del ginocchio e della coordinazione dei quadricipiti, displasia della troclea, traumi alla rotula, malallineamento degli arti inferiori o errori nella chirurgia del legamento crociato anteriore.

Dal punto di vista diagnostico, gli esami clinici specifici cui sottoporre il paziente sono il test del ballottamento rotuleo, il test di apprensione e la valutazione dell’angolo di inclinazione della rotula laterale. Per quanto riguarda la diagnostica per immagini, gli autori hanno riportato l’esigenza di sottoporre innanzitutto i pazienti a radiografie, effettuate con appoggio del peso bilaterale in proiezione AP, in proiezione laterale e in proiezione Merchant della rotula.

Se necessario, si può ricorrere anche a TC e risonanza magnetica, ma queste sono indicate per valutare la displasia trocleare, un’eccessiva altezza della rotula e la distanza TT-TG, ovvero distanza medio-laterale tra il punto più declive del solco trocleare e il punto più prominente del tubercolo tibiale.

Veniamo ai trattamenti. Quando si può evitare la chirurgia, le opzioni più presenti in letteratura sono il trattamento non farmacologico, che prevede di istruire il paziente a gestirsi in autonomia, perdere perso e sottoporsi a terapia fisica, la terapia del freddo, l’uso del tape kinesiologico, l’uso di tutori e altre ortesi e trattamento con le onde d’urto.
Se il dolore è eccessivo, si può procedere con la gestione farmacologica che include l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei, antidolorifici orali, acetaminofene e duloxetina, oppure con le iniezioni di glucocorticoidi, acido ialuronico, plasma ricco di piastine o con altre forme di terapia rigenerativa. La letteratura presenta altre opzioni di trattamento, come l’ablazione in radiofrequenza e l’uso della tossina botulinica. Quando tutte le opzioni sopra non riducono la sintomatologia dolorosa, allora gli autori sottolineano che si può prendere in considerazione un TTO, soprattutto se i pazienti sono più giovani di 50.

La strada è valida anche per pazienti over 50 ancora in attività. Infine, se nulla funziona, si può optare per un intervento chirurgico di sostituzione della rotula: gli autori sottolineano che oggi i design degli impianti disponibili e le tecniche utilizzate per l’intervento sono documentati in letteratura come sicuri ed efficaci. Lo studio offre una panoramica generale della gestione di questa forma di artrosi nel mondo, basandosi su quanto riportato in letteratura.

(Lo studio: Kuwabara, A., Cinque, M., Ray, T. et al. Treatment Options for Patellofemoral Arthritis. Curr Rev Musculoskelet Med (2022). https://doi.org/10.1007/s12178-022-09740-z)

Stefania Somaré