Artroplastica monocompartimentale, supporto robotico migliora ripresa muscolare

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L’artroplastica monocompartimentale, presentata come opzione che dovrebbe favorire la ripresa del paziente, riducendo i processi infiammatori a carico dei tessuti molli limitrofi all’articolazione e il conseguente dolore postoperatorio, è una procedura ancora poco diffusa e sottoposta alla valutazione della ricerca, soprattutto perché si associa a un maggior tasso di revisioni.
Una delle ragioni potrebbe essere legata alla maggiore difficoltà di ben allineare le componenti protesiche alle parti native dell’articolazione e alla componente ossea del paziente: limite che dovrebbe essere superato con un approccio robot-assistito.

Quali altri vantaggi potrebbe dare questa tecnica? Uno studio britannico, pubblicato su “BMC Research Notes”, si concentra sul recupero muscolare di pazienti sottoposti ad artroplastica monocompartimentale di ginocchio robot-assistita. Il campione analizzato è piccolo, composto da soli 12 pazienti. D’altronde, come evidenziato nell’introduzione del lavoro, le protesi monocompartimentali di ginocchio rappresentano solo il 10% della totalità di quelle impiantate in UK, e di queste solo per alcune si utilizza un robot chirurgico.

La forza isocinetica del quadricipite femorale e dei muscoli posteriori della coscia è stata misurata per ogni paziente prima dell’intervento, per avere una base, e poi a 6 e 12 settimane nel post-operatorio. I test hanno mostrato, per tutti, una iniziale diminuzione di forza, recuperata poi nel tempo. Più nello specifico, per il quadricipite femorale, la forza della gamba operata è passata da un iniziale 88.52Nm a 74.47Nm, a 6 settimane, per poi salire e a 90.41Nm a 12 settimane, raggiungendo il 70% della forza del muscolo della gamba non operata. L’andamento dei muscoli della coscia posteriore è simile: la forza è passata da 62.45Nm a 54.12Nm, a 6 settimane, per poi attestarsi a 55.07Nm a 12 settimane, valore che rappresenta l’83% della forza dei muscoli della gamba non operata.

Gli autori hanno poi valutato la funzionalità del ginocchio, utilizzando in questo caso il test “Time -up-and-go” su una distanza di 3 metri, ma focalizzandosi soprattutto sul tempo impiegato per alzarsi dalla sedia e sulla flessibilità del ginocchio. Si è così visto un netto miglioramento dell’angolo di flessione nel post-intervento, con un picco tra la sesta e la dodicesima settimana.

Inoltre, il tempo impiegato per alzarsi è migliorato del 33%. Infine, utilizzando lo stesso test su una distanza di 10 metri, gli autori hanno anche verificato un aumento della velocità del passo, comunque correlata a una maggiore efficienza articolare. Da ultimo, sono stati presi in considerazione indici di autovalutazione dell’outcome, in particolare l’Oxford Knee Scores, migliorato di 10.3 punti nel periodo di follow-up, il Forgotten Joint Score-12, il cui incremento è stato di 33.78 punti, e uno score di dolore, diminuito di 2.82 punti.

Nel complesso, questi risultati supportano la bontà della tecnica monocompartimentale robot-assistita, ma il campione è piccolo, i pazienti provengono tutti dallo stesso ospedale, e non c’è un confronto con pazienti operati in modo differente. Servono ulteriori conferme.

(Lo studio: Moon, E., Gaston, P., Patton, J.T. et al. Early muscle recovery following robotic-assisted unicompartmental knee arthroplasty. BMC Res Notes 16, 86 (2023). https://doi.org/10.1186/s13104-023-06345-8)