Artrite settica pediatrica, indicazioni dalla Sitop

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Dolore e tumefazione dell’articolazione interessata, con arrossamento cutaneo, sviluppo di calore e limitazione funzionale, per lo più associati a febbre e brividi.
Sono i sintomi principali dell’artrite settica, patologia infettiva che colpisce anche la popolazione pediatrica, con una incidenza di circa 5 bambini ogni 100.000, nel 50% dei casi neonati o soggetti nella prima infanzia e per lo più maschi.

In questa fascia d’età il rapporto maschi/femmine è infatti di 2:1.
Si tratta di una malattia che, per fortuna, guarisce praticamente sempre alle nostre latitudini, ma a seconda dei tempi di diagnosi e dell’iter terapeutico successivo, può lasciare strascichi anche importanti.

Purtroppo non è sempre facile riconoscerla, soprattutto in età neonatale, quando la sintomatologia caratteristica è spesso assente.
Secondo Cosimo Gigante, direttore dell’Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Ortopedia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Università di Padova, i segnali ai quali pestare attenzione sono inappetenza e irritabilità, soprattutto se associate a pseudo paralisi neonatale.
Esistono poi dei fattori di rischio, che devono essere valutati: prematurità, parto cesareo, pregresso ricovero in terapia intensiva neonatale ed esecuzione di manovre invasive come il cateterismo venoso ombelicale.

In soggetti più grandi, invece, si seguono i quattro criteri di Kocher: febbre superiore a 38,5 gradi; incapacità di carico; velocità di eritrosedimentazione superiore a 40; leucocitosi superiore a 14.000 cellule per metro cubo.

«Quando 4 di questi criteri vengono soddisfatti la probabilità della diagnosi è 99,5%, ma anche quando ne vengono soddisfatti 3 è del 93%», spiega Gigante.
Occorre quindi muoversi rapidamente, partendo da un’ecografia per valutare il versamento articolare e, se questo è presente, proseguendo con un’artrocentesi per confermare la presenza batterica.
«Qui già la presenza di un liquido molto torbido orienta verso l’artrite settica», sottolinea l’esperto, a indicare come anche la semplice osservazione può supportare la diagnosi. Poi, certo, il liquido sinoviale deve essere analizzato per isolare il patogeno, ma nel frattempo si può avviare una terapia antibiotica generica, per poi renderla più specifica, sempre per via parenterale endovenosa.
In alcuni casi selezionati, se si sospetta la presenza di osteomielite, sarebbe opportuno prescrivere anche una RM.

«Il rischio connesso alla diagnosi tardiva è il danno locale della cartilagine articolare, la necrosi ossea articolare ma anche alterazioni irreversibili o parzialmente reversibili della cartilagine di accrescimento», aggiunge Gigante. «Un’anca sede di una pregressa artrite settica non appropriatamente o tardivamente trattata può esitare non solo in una testa necrotica deforme ma anche in un collo femorale accorciato. Un insieme di alterazioni morfologiche che nel loro complesso espongono il paziente da adulto alla necessità di una protesizzazione totale dell’anca».

Soprattutto quando l’infezione è a carico dell’anca, infatti, occorre effettuare una «evacuazione chirurgica. Già dopo 8 ore gli enzimi proteolitici liberati dalle cellule infiammatorie producono un danno istologico delle cartilagini.

Un secondo meccanismo con cui si produce un danno a livello dell’anca è l’aumento della pressione articolare che interferisce con la vascolarizzazione e se non c’è ossigeno che perviene alle cellule epifisarie si ha un infarto della testa e quindi alterazioni di tipo distruttivo che possono essere anche irreversibili.
A poche ore dall’esordio della malattia, in particolare a livello dell’anca, si è dunque chiamati a un drenaggio chirurgico».

Quando l’artrite colpisce invece altre articolazioni, come il ginocchio, può essere sufficiente muoversi per via conservativa. In tutti i casi, la terapia antibiotica deve protrarsi per non meno di 3-4 settimane.
Sitop richiama gli ortopedici pediatrici alla formazione continua per restare aggiornati sugli avanzamenti riguardanti la patologia.

Come conclude Gigante, infatti, «il nostro ruolo, di medici e ortopedici è quindi cruciale per assicurare al paziente sia una buona qualità di vita nell’immediato della malattia, ma anche per evitare i costi che il SSN dovrebbe sostenere negli anni successivi a causa di un’artrite settica non diagnostica o non curata adeguatamente».

Stefania Somaré