AIFI, quando la fatica diventa patologica

«La fatica diventa patologica quando è pervasiva, sproporzionata all’attività svolta e il riposo non dà più i suoi benefici effetti. Il paziente la distingue dalla stanchezza fisiologica. Si sente esausto, sperimenta un opprimente senso di stanchezza senza che questo sia giustificato dalla quantità di attività psico-fisica svolta», spiega la dottoressa Susanna Mezzarobba, presidente del Gruppo di Interesse Specialistico in Fisioterapia Neurologica e Neuroscienze dell’Associazione Italiana di Fisioterapia.

Questo genere di fatica colpisce molti dei pazienti affetti da malattie neurologiche, fino al 75%-80% in caso di malattia di Parkinson e sclerosi multipla e dell’80% in caso di ictus. Il fenomeno è ben noto ai pazienti ma ancora poco rilevato in ambito clinico, forse anche perché non se ne comprendono a fondo le cause neuro-fisio-patologiche.

Proprio alla fatica è stato dedicato l’evento “La Fatica nelle patologie neurologiche. Dalla pratica clinica alle basi fisiopatologiche”, dedicato a fisioterapisti, logopedisti e medici specialisti, chiamati a confrontarsi per individuare strategie efficaci di gestione di questo sintomo, oltre che di cura e recupero. La fatica è infatti motivo di diasabilità importanti e impatta negativamente sulla qualità di vita di chi ne soffre.

La dott.ssa Mezzarobba ha anche ricordato che, «la fatica interferisce in modo veramente importante con le attività lavorative e si associa sempre a un peggioramento della qualità di vita della persona. Nel 2013, al World Parkinson Congress, i pazienti hanno definito il problema fatica come uno dei più importanti su cui la ricerca e la clinica sono chiamate a spendersi. Le relazioni presentate al convegno hanno descritto il sintomo fatica come complesso, ancora difficile da interpretare e comprendere, molto spesso anche descrivere. È un sintomo soggettivo che si inserisce nella complessità di altri sintomi motori e non motori propri delle diverse condizioni patologiche e che diventano essi stessi tutti potenziali confondenti per l’individuazione della fatica stessa».

Al momento non esistono terapie farmacologiche per controllare la fatica. Le più recenti evidenze scientifiche indicano però la fisioterapia come uno strumento possibile, capace di integrare nei percorsi di cura di questi soggetti anche esercizi mirati, aerobici e di rinforzo, per rimodulare la qualità del movimento, renderlo essenziale, così che non sprechi più energie del necessario. Per garantire però che questi percorsi di esercizio terapeutico siano efficaci e davvero personalizzati, occorre fare diagnosi differenziale della fatica, per definirla al meglio, caratterizzarla in ogni paziente e individuarne i determinanti. La fatica può essere quindi affrontata con strategie differenti, come per esempio la motor imagery, l’action observation, il sensory discrimination training e la graded exposure. Man mano che la ricerca avanza, quindi, la fisioterapia si sta dimostrando essere sì utile per curare le disfunzioni del movimento, ma anche per trattare altre patologie attraverso il movimento.