AIFI: è ora di innovare

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Lo scorso anno l’Associazione Italiana Fisioterapisti (AIFI) è stata riconosciuta con decreto ministeriale come Associazione Tecnico-Scientifica (ATS), una veste nuova che rappresenta un’opportunità e una sfida e che apre la strada a nuovi percorsi.

Certo, l’attuale stallo che vede ancora mancare l’approvazione dei decreti attuativi della legge 3/2018 sul riordino delle professioni sanitarie rende questo passaggio più difficoltoso, come evidenziato da Mauro Tavernelli, presidente AIFI, durante una conferenza stampa tenutasi alla Camera dei deputati.
«Questa assenza ci sta costando molto, fino a settembre – come previsto dalla normativa – saremo ancora una AMR ma siamo in piena transizione verso il nuovo status di ATS.
In questa nuova veste continueremo a essere utili e a disposizione della categoria per contribuire allo sviluppo di linee guida».

Nel 2019 ricorrono i 60 anni dalla nascita dell’Associazione, che ha avuto il merito di sostenere la professione fin dai suoi esordi.
Una storia che ne rende forti le radici e che consente di guardare al futuro con ottimismo.

«Come ATS vogliamo anche incidere in ambito di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale» ha ripreso Tavernelli, che ha parlato dell’introduzione, per esempio, del fisioterapista di comunità come modello innovativo.
«Sarebbe importante avere una presa in carico diretta del paziente da parte del fisioterapista, per snellire il processo. Questo vale per situazioni di disabilità lieve o transitoria, che però rappresentano la gran parte delle problematiche quotidiane, per esempio nel caso del mal di schiena».

In aula erano presenti anche Elena Carnevali e Vito De Filippo, che hanno seguito da vicino l’iter parlamentare della legge sul riordino delle professioni.
Rispetto allo stallo in corso Carnevali ha dichiarato: «sarebbe un peccato mortale se, dopo aver condotto una battaglia faticosa e impegnativa, l’assenza dei decreti attuativi bloccasse il passaggio verso l’Ordine professionale».
In ogni caso, la parola d’ordine resta “innovare”.

Stefania Somaré