Il meccanismo di controllo che sottende il movimento della mano è molto complesso e ancora non è del tutto chiaro come riprodurlo. Poterlo classificare sarebbe di grande aiuto a vari ambiti della scienza, dalle neuroscienze alla robotica, dalla protesizzazione alla riabilitazione. A questa classificazione stanno lavorando vari gruppi di ricerca in tutto il mondo.
Su Frontiers è stato pubblicato uno studio cinese che propone un quadro sistematico per classificare in modo qualitativo i movimenti della mano, costruire una tassonomia prensile che permetta di esplorare i fattori che influenzano la presa e, infine, allestire un esperimento per capire in modo quantitativo il fenomeno della presa (Liu Y, Jiang L, Liu H, Ming D. A Systematic Analysis of Hand Movement Functionality: Qualitative Classification and Quantitative Investigation of Hand Grasp Behavior. Front Neurorobot. 2021 Jun 7;15:658075. doi: 10.3389/fnbot.2021.658075. PMID: 34163345; PMCID: PMC8216684).
Gli autori si dicono convinti che l’approccio utilizzato offre una rappresentazione completa per capire a fondo la funzione di presa delle nostre mani. Punto di partenza è l’assunto che braccio e polso contribuiscono in modo importante al movimento della mano: gli autori evidenziano che il movimento della mano non dipende solo dai gradi di libertà della stessa, ma anche dal movimento del polso e del braccio, appunto.
Effettivamente, quando sia necessario bloccare il polso o il braccio per ragioni terapeutiche, la mano non riesce più a svolgere tutti i suoi movimenti. C’è un altro assunto importante da considerare: la presa è influenzata qualitativamente dalla posizione relativa tra il centro del polso e il centro di gravità dell’oggetto afferrato e quantitativamente dalla dimensione dell’oggetto, dalla sua forma e dalla sua posizione relativa. Scendiamo un poco nel dettaglio. Nella fase qualitativa del lavoro, gli autori hanno costruito un albero gerarchico del movimento della mano: sono partiti dalla tipologia di azione da effettuare (prensile e non prensile), individuando 4 movimenti di “presa” e quattro “non di presa”. I primi sono poi ulteriormente suddivisi in due azioni: “afferrare” e “manipolare”.
Si ottengono così 8 azioni: prendere (afferrare con forza un oggetto); trasferire (da una mano all’altra); tra le mani (come far partire una trottola); ibrido (come scrivere); sostenere un oggetto in orizzontale; riposo; toccare una superficie; cercare di raggiungere un oggetto. Queste azioni sono, o possono essere, parti di una azione completa: separarle consente di studiare meglio il movimento completo.
Una volta definite queste 8 classi di azione, gli autori si sono spinti oltre e hanno sviluppato un sistema tassonomico relativo ai movimenti di presa della mano che contiene 52 diverse posizioni, divise in due grandi categorie, “potere” e “precisione”.
La tassonomia prende anche in considerazione il movimento del pollice, se è in adduzione o in abduzione.
In questo schema, viene evidenziata l’importanza non solo della forma dell’oggetto e delle sue dimensioni, ma anche della già citata “posizione relativa”, che determina l’equilibrio della presa in un certo senso: è chiaro che più il centro di gravità dell’oggetto è lontano dal polso, e maggiore è lo sforzo richiesto alla presa per afferrarlo.
Infine, gli autori hanno condotto un esperimento per verificare che quanto elaborato sia funzionale. Lo studio è ricco di immagini ed è open. Gli autori evidenziano che questo stesso principio si può applicare ad altre parti del corpo.
Stefania Somaré