Uno studio giapponese si è concentrato sul ruolo dell’attività fisica precoce in pazienti sottoposti ad artroplastica totale di ginocchio.
In generale si ritiene che in questi soggetti un’attività post-chirurgica precoce abbia effetti positivi sul dolore e sulla funzionalità del ginocchio, anche se – a detta degli autori – sono pochi gli studi che hanno cercato una reale correlazione tra questa attività e gli esiti di test di performance.
Uno, ricordato nello studio, è quello di Taniguchi et al, che ha riportato come l’attività fisica post-operatoria condotta per un periodo di 6 mesi sia un predittore significativo del miglioramento del test Timed Up and Go (TUG). Inoltre, manca una stratificazione della popolazione: non si sa, quindi, per quali pazienti questa attività fisica precoce faccia davvero la differenza sul recupero post-operatorio.
Qui si inserisce lo studio degli autori, afferenti al Dipartimento di Riabilitazione del Kobe City Medical Center General Hospital e all’Università di Kobe, in particolare a due istituti, la “Graduate School of Health Science” e la “Life and Medical Sciences Area”.
Lo studio proposto ha un disegno retrospettivo e ha coinvolto 62 pazienti con osteoartrite di ginocchio operati presso il Kobe City Medical Center General Hospital a partire dal 2019: ognuno è stato valutato tra il primo e il terzo giorno dopo l’intervento e poi successivamente durante un follow up a 10 giorni, a 3 mesi e a 6 mesi.
Gli autori hanno scelto di fermarsi ai 6 mesi post-intervento perché la letteratura dice che questo è il periodo entro cui si raggiunge la massima funzionalità e forza muscolare della gamba operata. Solo 47 dei pazienti sono giunti alla fine del percorso, quindi le analisi successive tengono conto di questo aspetto. Ma come hanno fatto gli autori a misurare l’attività fisica media di questi pazienti? Hanno stabilito di misurare il numero di passi compiuti in un giorno attraverso un accelerometro.
Per quanto riguarda l’intensità dell’attività fisica, altro aspetto da considerare, ci si è basati sugli equivalenti metabolici (METs), ovvero una stima della quantità di energia utilizzata dall’organismo quando si muove in confronto a quando è a riposo: da 1.5 a 3 METs l’attività è stata classificata come leggera; dai 3 in poi come attività da moderata a vigorosa. Il TUG è stato preso come test di riferimento per valutare il recupero post-operatorio di questi pazienti, che hanno seguito lo stesso protocollo riabilitativo.
Gli autori hanno così evidenziato come il livello di attività fisica pre-intervento influenzi poi gli esiti dell’intervento stesso. Più nel dettaglio hanno visto che i pazienti più usi all’attività fisica prima dell’intervento hanno alti tassi di attività fisica anche nel post-intervento, il che ne favorisce il recupero fino ai 6 mesi, dopodiché la correlazione smette di essere importante. Ciò significa che non è necessario aumentare l’attività fisica di tutti i pazienti, ma che i clinici si devono concentrare soprattutto su quelli con scarsa attività fisica preintervento. Servono quindi dei protocolli personalizzati. Inoltre, lo studio risottolinea l’importanza di far giungere i pazienti all’intervento con un corpo allenato e uso al movimento, perché ciò influenza notevolmente i risultati funzionali successivi.
(Lo studio: Takamura, D., Iwata, K., Sueyoshi, T. et al. Relationship between early physical activity after total knee arthroplasty and postoperative physical function: are these related?. Knee Surg & Relat Res 33, 35 (2021). https://doi.org/10.1186/s43019-021-00118-y)
Stefania Somaré