L’incidenza della rottura del legamento crociato anteriore tra gli atleti professionisti è di 84 persone ogni 100.000. Data l’importanza di questa struttura per la stabilizzazione del ginocchio, occorre intervenire per ridurre il rischio di instabilità, lesioni ai tessuti molli e degenerazione articolare.

La tecnica più usata per effettuare questa riparazione è l’artroscopia. Alcuni chirurghi sfruttano poi le capacità protettive di un tape di polietilene con spessore 2 mm e dotato di grande resistenza che crea un ponte tra tibia e femore, proteggendo il legamento riparato.

Ciò favorisce le fasi di guarigione e di rimodellamento, agendo inoltre da stabilizzatore anche una volta completata la guarigione.
L’uso di questo dispositivo permette di iniziare prima il percorso riabilitativo, con conseguenze positive sull’attività professionale degli atleti.

Di recente, specialisti scozzesi e statunitensi hanno proposto un protocollo riabilitativo da utilizzare nei pazienti che hanno un tape interno, basato non su tempistiche fisse, ma su passaggi tra le varie fasi che dipendono dalla misurazione reale dei traguardi raggiunti (Irfan A, Kerr S, Hopper G, Wilson W, Wilson L, Mackay G. A Criterion Based Rehabilitation Protocol for ACL Repair with Internal Brace Augmentation. Int J Sports Phys Ther. 2021 Jun 1;16(3):870-878. doi: 10.26603/001c.22217. PMID: 34123539; PMCID: PMC8169034).

Ciò consente di realizzare un protocollo altamente personalizzato. Il lavoro parte con una riabilitazione preoperatoria che prosegue, ovviamente, nel postoperatorio. Vediamo per esempio alcuni passaggi di questa seconda parte del protocollo.

Si vede allora che per passare dalla fase 1 alla Fase 2 occorre che il paziente riesca a camminare senza stampelle, abbia un pieno Range of Motion in estensione, senta meno dolore e presenti un grado di versamento uguale o inferiore a 1+.

Per passare dalla Fase 2 alla Fase 3, invece, il paziente deve poter flettere il ginocchio dal lato non lesionato di almeno 30°, aver riassorbito del tutto il versamento o averne solo tracce e salire le scale… e così via. Il protocollo tiene conto di molte variabili, compreso il tipo di sport praticato dal paziente, che può richiedere esercizi specifici per il ritorno all’agonismo, e l’influenza di altre lesioni concomitanti, come per esempio rottura al Legamento Collaterale Mediale (MCL), al Legamento anterolaterale (ALL) o la presenza di una instabilità multi-legamentosa. Insomma, gli autori non hanno lasciato nulla al caso.

Chi fosse interessato trova l’intero protocollo disponibile sulla rivista “International Journal of Sports Physical Therapy”. Gli Istituti che hanno partecipato alla definizione di questo protocollo sono: il Johns Hopkins Hospital di Baltimora (USA), il centro fisioterapico Life Fit Wellness Physiotherapy di Falkirk (Scozia – UK), l’Università di Glasgow (Scozia – UK), l’Università di Strathclyde e l’Ospedale Ross Hall, sempre a Glasgow.

Stefania Somaré